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La vita non è quella che si è vissuta, ma quella che si ricorda e come la si ricorda per raccontarla.
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    24/06/2014

    But I like it (quattro amici al bar)

    Filed under: — JE6 @ 12:12

    Sarà che poi uno vuole vedere le cose che alle quali gli piacerebbe credere, non so. Ma so che l’altra sera al Circo Massimo sul palco non c’erano soltanto quattro (e in alcuni casi cinque) che non hanno mai smesso di suonare rock ma sono il rock, e quindi tutti gli altri – tranne pochissimi eletti – non possono essere che imitazioni, non c’erano soltanto quattro che ormai sono oltre le generazioni, le mode, sono Beethoven e Sinatra, sono Pelè e Di Stefano, sono Michelangelo e Rembrandt, non c’erano soltanto quattro (e in alcuni casi cinque) più vecchi di tutti quelli che li ascoltavano e al tempo stesso più giovani, non c’erano solo quelli, c’erano quattro che ormai non devono dimostrare più nulla, non devono guadagnare un solo dollaro in più, non devono avere una breaking news in più e allora possono fare quello che gli piace fare – e farlo con quelli con cui stai da sessant’anni, e lo sappiamo tutti che non si sta insieme così tanto solo per interesse, ci riesci solo se, in qualche modo indefinibile eppure evidente, ti vuoi bene. Ecco, sarà che poi uno vuole vedere le cose che alle quali gli piacerebbe credere, io l’altra sera vedevo quattro vecchi amici, di quelli bisbetici, paranoici come tutti quelli che vivono insieme da una vita, pieni di ricordi e tradimenti e litigi, e pieni dell’affetto che solo i maschi sanno avere gli uni per gli altri.

    17/06/2014

    Distillato

    Filed under: — JE6 @ 17:15

    Dura un istante, un nulla; ci sono cento, mille persone, bicchieri di birra, programmi per la sera, qualcuno per la notte, appuntamenti di lavoro, pettegolezzi, sudore, caviglie gonfie. Pare impossibile, ma per pochi secondi si crea un piccolissimo vuoto, due metri quadri liberi senza spiegazione. Si avvicinano, un sorriso, ciao come stai. Quell’avvicinamento dura un istante più di quanto ci si aspetterebbe anche se nessuno potrebbe notarlo nemmeno guardando con attenzione, chissà se si dicono qualcosa in quell’istante, forse sì, forse almeno uno dei due prova a distillare tutto il possibile in tre velocissime parole, in un pensiero, forse lo fa ma di sicuro non ci riesce perché in un secondo non puoi concentrare tutto, le mille piccole cose necessarie, quelle che stanno tra il suono della sveglia e il crollo sul cuscino, quelle che arrivano un mercoledì pomeriggio, quelle che sembrano senza importanza, quelle che fanno l’impalcatura di cui tutti hanno bisogno se non vogliono essere Emma Bovary. Dura un istante, un nulla: poi si salutano, ciao, ciao – madonna, quanta gente.

    29/05/2014

    La consunzione delle cose

    Filed under: — JE6 @ 07:50

    La ruspa si muove lungo la spiaggia, spostando e spianando sabbia. La stagione turistica, quella vera, non è ancora iniziata e la città si prepara. Si dipingono pareti, si potano siepi, si lucidano ottoni, si cambiano tappeti. Eccoli i segni dell’invincibile forza della consunzione delle cose – un angolo di muro sbrecciato, una cassetta della posta che chiude male, un frigorifero che non si accende più, tutto nascosto in bella vista sotto gli occhi, mentre passeggi sul lungo mare vedi solo le bandiere che sventolano e i riflessi sull’acqua, poi quando ti fermi a bere un caffè e stai lì con la tazzina in mano e c’è un secondo di sospensione eccoli che li vedi quei segni, li vedi tutti, li vedi nitidi come se non ci fosse altro da poter guardare. E’ in quel momento che ti rendi conto che è quella la vera fatica, non è tanto il costruire le cose ma mantenerle, l’incessante, infinito e sfinente lavorìo della manutenzione che ripara alcuni danni e tenta di evitarne altri, è in quel momento che vedi l’operaio accovacciato davanti a una tubatura con una lattina di antiruggine in mano, lo vedi perplesso mormorare eppure è sempre andato bene, bastava una passata e per un anno eravamo a posto e adesso invece guarda qui che roba, e sembra lo zio del ragazzo che sta passando sul marciapiede opposto, quello che sta rimettendo il telefono in tasca con un’aria assente e pensa una volta mi rispondevi, mi rispondevi sempre, guarda come cambiano le cose, come si consumano.