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La vita non è quella che si è vissuta, ma quella che si ricorda e come la si ricorda per raccontarla.
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    12/10/2008

    Greetings from Las Vegas – 10. Let the music play on

    Filed under: — JE6 @ 21:52

    Si sarà capito che qui l’Italia tira parecchio, o almeno tira una di quelle immagini che nel mondo si sono stratificate – quella di arte, bellezza, gusto, moda. E siccome il silenzio qui non esiste, e si deve essere accompagnati sempre e costantemente da qualche suono, si cammina di fronte al Bellagio seguiti da Ramazzotti, si va al bar al Palazzo e si trova Cocciante, si scendono le scalinate del Venetian e si ascolta Renato Zero. E’ una cosa che vien voglia di fermarsi davanti al sosia di Elvis che staziona a metà della Strip e provare a pagarlo per fargli cantare Jailhouse Rock.

    Greetings from Las Vegas – 9. Direct to you

    Filed under: — JE6 @ 16:47

    La pubblicità è l’anima del commercio, dicevano. Verso l’ora di pranzo – concetto stravagante in un posto dove qualunque bar o ristorante è aperto 24/7, ed è sempre affollato – i marciapiedi della Strip si affollano di uomini che indossano una maglietta, il più delle volte rossa, che riporta la scritta “Girls Direct To You In 20 Minutes” – e un numero di telefono. La maggior parte sono ispanici, ma c’è qualche asiatico. Ne ho visto uno un po’ in disparte, aprire uno zainetto, tirare fuori la maglietta e indossarla sopra quella che già vestiva, come una normale divisa di lavoro. Non sono giovani, stranamente non è un lavoro fatto fare a ragazzi in cerca di qualche dollaro: di un buon quarto di loro direi che hanno almeno una cinquantina d’anni. Alcuni stazionano vicino ai distributori dei giornali, che qui però non offrono un normale quotidiano, nemmeno USA Today, bensì una nutrita serie di varianti della Adult Entertainment Guide; altri, la maggior parte, semplicemente se ne stanno in piedi per ore tenendo in mano centinaia di figurine plastificate, che mostrano su ciascuno dei due lati una ragazza, le loro caratteristiche precipue e il loro prezzo, Jeanie a 39 dollari, Barbara a 45, e così via. La gente prende queste figurine, alcuni sanno cosa sono – la maggior parte no. Danno un’occhiata, non si stupisce nessuno di ciò che si trova tra le mani – we’re in Vegas, baby – le buttano per terra. Verso sera la Strip è un tappeto di ragazze nude che da ore provano a sedurre, e sembrano ancora più malinconiche così, ammonticchiate l’una sull’altra, calpestate da milioni di Nike e bagnate da migliaia di birre e di daiquiri. Durante la notte vengono raccolte e gettate, a mezzogiorno del giorno dopo si riprende – In 20 Minutes To You.

    Greetings from Las Vegas – 8. Tutto in una inquadratura

    Filed under: — JE6 @ 16:31

    Sto guardando un po’ delle fotografie scattate ieri. Mi fermo davanti a una, che mi pare riassuma bene il luogo, benchè non vi si vedano nè tette nè slot machines. L’ho scattata sul marciapiede sinistro della Strip, poco dopo il New York New York. Hanno ricostruito un piccolo ponte di Brooklyn, una copia in scala 1:10 o 1:20. Camminandoci sopra si arriva ad un punto nel quale si vede in mezzo all’arcata sinistra la Tour Eiffel del Paris, e in mezzo all’arcata destra una enorme scritta Hollywood. Tutto insieme. C’è chi rifiuta di essere fotografato perchè verrebbe derubato dell’anima; Las Vegas, che un’anima non ce l’ha, si espone, e non corre problemi.

    Greetings from Las Vegas – 7. Per tutta la vita

    Filed under: — JE6 @ 16:02

    Ho perso il conto di quanti matrimoni ho visto in ventiquattro ore. Sono entrato all’MGM insieme ad una coppia, ne ho viste svariate altre al Paris, al Bellagio, a Planet Hollywood. Ogni albergo ha la sua wedding chapel, e i negozi che affittano l’abbigliamento per l’occasione. Insomma, si sposano davvero: il matrimonio canonico, quello fatto di abito bianco, tuxedo, damigelle, fiori. Non il matrimonio cialtrone officiato da Elvis o da un qualsiasi altro clone in questa città di cloni, ma il Matrimonio. Tra gente in bermuda e infradito, e turisti di ogni tipo, e manager in gita premio che si portano in mano bicchieri di daiquiri alti mezzo metro e fatti a forma di Tour Eiffel e ragazzini brufolosi e casalinghe del Midwest, si sposano, e fanno la festa – in tutto e per tutto uguale a qualsiasi altra festa che si possa fare a Las Vegas, un pezzo dello show. Chissà se anche quel matrimonio è finto come tutto il resto.

    Greetings from Las Vegas – 6. Tette

    Filed under: — JE6 @ 08:31

    Non so bene come spiegarlo, ma qui pare che non ci sia una donna con una misura di reggiseno inferiore alla quarta, nemmeno a pagarla. Saranno i push-up, saranno le cure ormonali: hanno tutte le tette grosse. Non solo. Dalle sette di sera in poi, quando scatta il dress code serale, le mettono in mostra. Dai diciotto ai sessant’anni, tutte: sbracciate e scollate. Muoiono di freddo, perchè – “that’s really unusual, sir”, dice la tassista – tira un vento gelido che entra nelle ossa. Ma non importa, sono a Las Vegas, devono vestirsi così. Qui, nel regno del falso a buon prezzo, ci sono due sole cose vere: le slot machines e le donne che vogliono farsi scopare. Queste ultime, per come lo mostrano, mettono tristezza – così come la mettono quelle che vedi al Roialto o in Corso Como – e limitamo l’elenco per carità di patria. E’ che qui è come se facessero parte dell’arredo urbano, quelle che passano gridando con la testa fuori dai finestrini degli Hummer limo e quelle che camminano barcollanti lungo la Strip, quelle distinte, quelle che ci provano ad esserlo e non ci riescono e quelle che non vogliono proprio – le guardi come guardi le vetrine (e infatti, mettono tristezza come quelle). Oppure, certo: ci provi; occhio e croce, non devi nemmeno avere troppa pazienza.

    Greetings from Las Vegas – 5. Home made

    Filed under: — JE6 @ 08:06

    Fuori dal New York New York c’è una copia della Statua della Libertà. E’ forse l’angolo più intimamente onesto di Las Vegas: dopo l’11 settembre 2001 è diventato una specie di memoriale, nel quale sono raccolte, ed esposte in teche di vetro, magliette o divise di pompieri. Ce n’è una dei pompieri di Roma, con le dediche ai loro colleghi morti a Manhattan. Ci respiri un’aria di verità come in nessun altro luogo della città. O forse sono io che la sento o la voglio sentire tale, io che sono costretto a passare sei giorni in questo orrore che uso come un vaccino – te lo inoculi per liberartene per sempre, e allora va bene anche la finta Liberty, per quello che la sorte ha voluto legarle addosso.

    Greetings from Las Vegas – 4. Vero come il falso

    Filed under: — JE6 @ 07:56

    Vegas, in fondo, è un enorme parco di divertimenti. Certo, sul concetto di divertimento si potrebbe discutere, ma lasciamo stare. I divertimenti, in questi grami tempi che viviamo, devono essere a tema – e così sono gli alberghi di Las Vegas. Così, il Paris è la copia di Parigi, ha il suo Arco di Trionfo, la sua Tour Eiffel, le sue stazioni di Montmartre e Concorde, i suoi bistrò, il suo acciottolato; il Venetian è la copia di Venezia, ha il canale, i ponti, le gondole, il cielo la cui luminosità sembrerebbe essere regolata sul fuso orario italiano. Il Bellagio ha il lago, contornato di olivi. Il Caesar’s Palace vuole essere una piccola Roma (piccola: la sola area dei negozi è grande, se non sbaglio i conti, come l’outlet di Serravalle Scrivia), i corridoi portano nomi come Appian Way e in mezzo ci si trova una copia fedele del David di Michelangelo, scolpito nello stesso marmo dell’originale (va bene, quello sta a Firenze: ma non stiamo a sottilizzare). La qualità delle riproduzioni, per chi conosce gli originali, è imbarazzante: d’altra parte, come si può ragionevolmente pensare di riprodurre Venezia? Eppure. Mi dicono che l’85% degli americani non ha il passaporto; vengono qui, e credono di essere andati a Parigi, o sul lago di Como. Ieri sera attraversavo il Venetian in compagnia di Giuseppe, e tutto ciò che potevamo fare era ridere – perchè o ridi, o cerchi una mazza ferrata e ti trasformi nel Michael Douglas di “Un giorno di ordinaria follia”. La cifra stilistica di Las Vegas è il falso, un falso abbastanza accurato da risultare affascinante agli occhi di chi non conosce i riferimenti reali, ma abbastanza approssimativo da non essere troppo costoso – e quindi essere alla portata di tutti, o quasi. La vera natura di Las Vegas sta nelle slot machines, e quelle le si trova dappertutto, e quelle sono uguali dappertutto – non importa se incastonate in una finta rue parigina o in una finta calle veneziana: il resto è orrore, in confezione regalo.

    Greetings from Las Vegas – 3. Grand

    Filed under: — JE6 @ 07:31

    Entro all’MGM Grand sfinito da una ventina di ore di viaggio, incluso il ritardo a Chicago. In effetti è il mio primo vero contatto con Las Vegas. Gli alberghi e i casinò sono Las Vegas. Non sto nemmeno a descrivere la dimensione di questo posto, perchè non sono in grado. Si chiama Grand, d’altra parte. Ha più di cinquemila stanze; cinquemila. Solo l’MGM. Venetian e Palazzo, che sono collegati, ne hanno settemila, mi dicono; però sono due, e questo è uno. Comunque: cinquemila stanze. La reception ha trentasei postazioni. Nella main lobby c’è spazio per una partita di calcio a sette, o per un concerto, non so, dei Tiromancino. Funziona tutto 24/7, costantemente (in realtà non è vero: McDonald’s chiude tra le 4 e le 5 del mattino, immagino per le pulizie). I tre corridoi delle quattro ali dei ventinove piani sono lunghi come delle statali in Italia. La gente, letteralmente, sciama. Tra le slot machines, verso i taxi, in mezzo ai tavoli del blackjack. Il simbolo della MGM è un leone, giusto? Bene, verso l’entrata su Las Vegas Boulevard c’è la zona dove è stato preparato l’habitat per i leoni africani. Che stanno lì, a dormire e a farsi fotografare (a pagamento). C’è tutto, dentro l’MGM – negozi, ristoranti, impianti sportivi, teatro. Sono tutti così, questi posti: puoi entrare, e non uscire più fino al momento della partenza. Vita e morte a Las Vegas.

    Greetings from Las Vegas – 2. Slot machines

    Filed under: — JE6 @ 07:07

    Ci sono due presenze costanti, a Las Vegas. Le slot machines, e le tette. Ma di queste, magari, si parlerà dopo. Le slot machines, dunque. Sono la prima cosa che si incontra, a Las Vegas. Letteralmente: appena finito il corridoio del finger che collega l’aereo al terminal ci sono le slot machines. Uno arriva a Las Vegas e può giocare; in alternativa, uno lascia Las Vegas è l’ultima cosa che può fare è giocare. L’aeroporto è pieno di slot machines. L’enorme area dove si ritirano i bagagli è piena di slot machines. Ce ne sono a decine di migliaia, ogni albergo ha il suo casinò, ogni casinò ne ha dentro di ogni tipo e in quantità spropositata. Non esiste un tipo umano standard che la frequenti: gioca chiunque. Non si può descrivere “chiunque”. L’umanità intera gioca, basta essere maggiorenni e avere soldi. Un esercito di automi, che battono compulsivamente su uno dei tasti disponibili, gli occhi fissi sullo schermo: c’è chi ha lo sguardo annoiato, chi ce l’ha deluso, chi si capisce che ci spera, chi invece lo sta facendo per dovere – sei a Vegas, devi giocare. Wheel of fortune, Big jackpot, Win a chopper. Luci, colori, figure, thump-thump-thump. Ogni tanto qualcuno vince; qualche decina di dollari, ed è un high five dato al vicino. Oggi però ho visto una signora, la classica signora che partecipa ad una gita organizzata, la donna meno Vegas-style che si possa immaginare – anche una suora sarebbe più in target, se non altro nel ruolo di salvatrice di anime perse – vincere diecimila dollari. Diecimila. Nessuna cascata di monete, ma diecimila bigliettoni. Si è fatto il capannello intorno, amici, curiosi, tutti a congratularsi. Lei non riusciva a crederci, si è quasi messa a piangere per l’emozione. In quel momento ho pensato che quella era la vera essenza di questo posto, che in quella scena c’era tutto: si può vincere a Las Vegas, è raro che succeda ma si può vincere, adesso c’erano decine di persone che lo avevano visto con i loro occhi, che lo avrebbero raccontato così come sto facendo io adesso e che avrebbero alimentato ancora di più – se mai ce ne fosse stato bisogno – il fuoco della speranza, la speranza che la fortuna ci arrida almeno una volta. Luci, colori, figure, thump-thump-thump.