Cold case
Non so come la vedete voi, io leggendo e rileggendo della notizia della sentenza sulla strage di Brescia mi sono fatto un’idea, e cioè che i reati non dovrebbero mai essere prescritti, che un processo dovrebbe sempre essere possibile, e che ad andare in prescrizione dovrebbe essere la pena, in particolare quella carceraria. Lo so: il diritto a un giusto processo in tempi ragionevoli, la difficoltà della ricostruzione della verità processuale che cresce con il dilatarsi del tempo, la generale certezza del diritto: sono tutti buoni motivi. Ottimi motivi. E però anche il diritto di tutti di sapere che le cose sono andate in un certo modo, che una certa persona è stata responsabile di una certa azione, ecco, è qualcosa che ha il suo valore. Il problema sta nella nostra ossessione pavloviana per la pena, e in particolare per il carcere: ma se fossimo capaci di distinguere le due cose, l’accertamento della verità processuale e la pena in una delle sue molteplici forme, se fossimo capaci di distinguerle al punto da accettare serenamente che non è la pena la cosa più importante, che ci sono situazioni nelle quali la pena può anche non essere comminata e non per questo bisogna sentirsi tristi o arrabbiati o ingannati, se fossimo capaci di questo non ci sarebbe bisogno della prescrizione, non ci sarebbe bisogno di perpetrare la vera ingiustizia, che è quella del rinunciare a sapere e a inquadrare le cose nei limiti variabili che determinano per una società che cosa è giusto e che cosa non lo è.
July 24th, 2015 at 22:37
Si, vero!