Cose/4
Come una terra che diventa straniera
come un mattino che diventa sera
era di un giorno di festa e di pioggia
che diventa tempesta
Chi se lo poteva immaginare, quando abbiamo deciso di partire. Anzi, di ripartire. Due compleanni, cifra tonda per entrambi, dai che ce la facciamo, dai che abbiamo ancora il fisico, com’era il percorso, te lo ricordi? Certo che me lo ricordo, come se fosse adesso, Milano alle sei di sera, Basilea, Parigi, Calais, e poi via ancora dall’altra parte del mare. Allora dai, andiamo, che ci vuole a sentirsi ancora ragazzi, a essere ancora ragazzi, e poi adesso i soldi per i biglietti e le birre li abbiamo, dai, su, via. Forse non bisognerebbe mai tornare nei posti dove si è stati felici anche se in quei posti ti sei fermato per sei sole ore, forse la memoria è qualcosa da proteggere fino al punto che è lei a proteggere te, forse non dovevamo venire fin qui, guardando l’alba da dietro i finestrini di un treno svizzero e il tramonto da quelli di un treno francese, forse dovevamo restarcene a casa e cercarci un pub e berci una bottiglia e dirci auguri e chissenefrega se sta diluviando, forse. E invece siamo qui. Noi, con i nostri piumini e le scarpe impermeabili e le barrette energetiche e gli zainetti tecnici iperleggeri a giocare agli eroi, e loro che passano rincorrendo un TIR, scappando dalla polizia, riscaldando come possono bambini di tre anni troppo stanchi per piangere. Noi e loro, e nessuno dovrebbe essere qui, non oggi, non così.