Il bambino Marino
Non ci vuole un grande allenamento per capire quando, in un discorso di una mezz’ora o giù di lì, l’oratore dice qualcosa a cui tiene veramente, qualcosa di “suo” più di tutto il resto. Lo avverti, e basta: le parole scorrono meglio, vengono scandite nel modo giusto, hanno anima. E’ quello che è successo a Ignazio Marino ieri pomeriggio, presentando il suo programma a Milano. Non sto a parlarvi di Civati-Vincenzi-Calipari, i presenti non erano lì né per loro né per sciropparsi le citazioni di Mitterrand e del Dalai Lama, pomposamente declamate all’inizio della manifestazione. Io e tutti gli altri eravamo lì per sentire cosa Marino aveva da dirci, al netto dello scetticismo o dell’entusiasmo che ci avevano accompagnati in sala. E insomma, le cose stanno così, che Ignazio Marino ha cambiato registro solo quando ha parlato di testamento biologico e di diritti civili; le cose stanno così, che la gente si è scaldata davvero solo in quei momenti, durante quei passaggi. Non sono mancati gli applausi alle celebrazioni della meritocrazia, né alle aeree immagini degli aquiloni di alta quota capaci di catturare il vento e trasformarlo in energia pulita, né alle proposte di detassazione dei prodotti biologici – di fronte alle quali solo l’incrollabile cinismo di noi nostalgici del Politburo opponeva l’ironia di un’IVA agevolata per lo shampoo bio. Ma la vera comunione tra chi stava sul palco e chi stava in platea è arrivata solo quando il chirurgo senatore ha parlato di ciò davvero gli sta a cuore, di ciò a cui ha dedicato vita e passione – al netto delle note spese fasulle di cui mi dicono che parli oggi “Il Foglio”; ed è per questo che mi chiedo perché, nelle oltre due ore di kermesse, non sia mai stato fatto il nome di Beppino Englaro, che pure sedeva in prima fila e che pure è candidato in quota-Marino a guidare il PD lombardo; ed è per questo che mi sono ulteriormente convinto sia dell’inadeguatezza di Marino ad essere il segretario del PD sia della dimensione del suo errore a candidarsi. Votare Marino è come votare il partito dei cacciatori, o quello dei pensionati: è votare un soggetto che non solo è monodimensionale, ma soprattutto è avvertito come tale, in primis dai suoi sostenitori, quelli veri, convinti e ingenui (ché gli altri, beh, lasciamo stare). Però, lo ammetto, non mi è dispiaciuto ascoltarlo, anche se avrei preferito evitarmi tutto il pre-: in questi tempi grami, Marino dà l’impressione di essere una persona valida, capace e in buona fede. Non è poco, e speriamo che il bambino non venga gettato con l’acqua sporca.