|
|
04/09/2019
E così, a quanto pare, siamo stati autorizzati a fare il governo, e il governo faremo. Chi vivrà vedrà, avrebbe detto mia nonna, e vivremo e vedremo se la nuova coalizione – che per il momento ha il non indifferente merito di toglierci di torno almeno la faccia di Matteo Salvini, con un sicuro effetto positivo sull’umore di molti – sarà meno abborracciata della precedente. Detto questo, apprendendo che otto su dieci tra coloro che fino all’altroieri alternavano un piddioti a un eallorabibbiano oggi sono rubricabili come compagni che sbagliavano ho pensato alle lezioni di storia del professor Barbero con le quali ho passato qualche centinaio di chilometri in queste settimane, in particolare quelle sulle due guerre mondiali; ascoltandolo mi sono fatto l’idea che chi non vuole la guerra e soprattutto chi ne ha paura confida e si autoconvince che quella non sia voluta nemmeno dagli altri, e così firma con il sorriso sulle labbra trattati di pace e accordi che sono carta straccia ancor prima che le penne si stacchino dal foglio. Io non credo che la storia vada studiata per usarla come sfera di cristallo grazie alla quale predirre il futuro: è un’idea bislacca e infondata: però per conoscere e capire il passato e grazie a quello farsi una mezza idea del presente, ecco, quello sì. Chissà se i dirigenti del PD avevano almeno un sussidiario da consultare, prima di trattare con Di Maio.
04/06/2018
(…) Insomma, vuoi per la comodità, vuoi perché oggi non voti Pd se non hai almeno una seconda casa a Varigotti, la piazza era piena di cloni di Nanni Moretti, faceva solo troppo caldo per la giacca di velluto a coste con le toppe sui gomiti. Come dire: non vinceremo mai con elettori di questo tipo. Che poi, cara Left Wing: piena. Piazza della Scala non è esattamente il Circo Massimo e se è vero come ci hanno detto dal palco che erano arrivati compagni (no, aspetta, come si chiamano adesso? Amici? Semplici conoscenti come quelli delle Sturmtruppen?) dal Veneto e dal Piemonte, dalle valli lombarde e dall’Emilia Romagna ecco, allora proprio tanti non eravamo. Ma non importa: pochi ma buoni, santocielo.
E poi.
Il resto qui, su Left Wing.
18/06/2016
Vivo a Milano, e domani voterò Sala. Non per lui: non credo ai superuomini, a coloro che, se vogliono, tutto possono: non esistono nelle dittature, figuriamoci nelle democrazie (togli Eichmann a Hitler e vedi cosa rimane, per intenderci). Non credo nemmeno che, tranne in rarissimi casi – e forse nemmeno in quelli – la storia delle amministrazioni sia fatta di blocchi discontinui: ognuno lavora, volente o nolente, su ciò che eredita, cercando poi di metterci del proprio. Voterò Sala in parte per le cose che dice che lui e la sua amministrazione faranno e in parte, sicuramente maggiore, per la sensazione che quella città che lui oggi mi racconta sia più vicina, o meno lontana, da un modo di stare al mondo che, se non è esattamente il mio – illusione che ho lasciato cadere insieme a quella di Babbo Natale -, sembra essere non troppo lontano da questo, e comunque più vicino rispetto a quello incarnato dal suo avversario: o, per essere più precisi, dal coacervo che lo sostiene. Perché si ha un bel dire che tutto sta nel “fare le cose”. No, non sta tutto lì: non sta tutto nel fare piste ciclabili, terminare linee metropolitane, allargare parchi; quello è un pezzo, importante ma pur sempre un pezzo. Poi c’è il modo in cui le vivi quelle cose. Negli ultimi anni io a Milano ho vissuto meglio. Ho vissuto oggettivamente meglio, per quanto l’avverbio debba per forza essere riferito al microscopico reame costituito dal mio cranio. Ho vissuto meglio perché sono state fatte cose, il cui merito della realizzazione va condiviso tra chi ha governato durante questi cinque anni e chi lo ha fatto prima e su su per i rami delle amministrazioni locali e nazionali, e ho vissuto meglio perché avevo la sensazione di stare in un posto migliore, che era tale a prescindere dalla torre Unicredit. Guardo le foto di gruppo di Sala e di Parisi: fisso prima il centro e sì, probabilmente è vero che quel che vedo in mezzo alle due foto è qualcosa che si assomiglia molto, e che Parisi potrebbe essere un buon sindaco tanto quanto Sala; poi sposto gli occhi prima da una parte e poi dall’altra, guardo il gruppo, i gruppi, ed è in quel momento che divento sicuro che con un gruppo non mi sentirei mai a mio agio; con l’altro forse sì, e allora vale la pena scommettere su quello.
04/06/2015
A volte – raramente, ormai: a invecchiare ci si irrita e ci si imbarazza più facilmente – guardo qualche decina di minuti di una qualche trasmissione nella quale c’è un qualche politico che risponde alle domande di un qualche giornalista. E se questo fa il minimo sindacale del suo lavoro, c’è quasi sempre un momento nel quale il politico di turno ha una manciata di secondi di debolezza: glielo leggi negli occhi, mentre sta recitando il suo copione fatto di sicurezza, assertività, indignazione, compostezza, empatia, affidabilità, è come se sopra la testa gli si disegnasse un fumetto in corsivo e a linea tratteggiata che dice “non farmi questo, non chiedermi queste cose, lo so che hai ragione, lo so che abbiamo fatto una cazzata, lo so che mi sto arrampicando sui vetri ma non lo posso dire, le regole sono queste, non lo posso dire e non lo dirò anche se ne avrei tanta voglia, anche se penso che ci guadagneremmo tutti, se non in voti in buona coscienza”. In quei momenti sembra di vedere Fonzie che prova a dire “ho sbagliato” e non ci riesce: però quelli erano degli happy days e noi ridevamo felici; e questi, invece, no.
[Poi ci sono quelli che quella manciata di secondi di debolezza non ce l’hanno proprio: e sono quelli che non fanno né pena né rabbia, ma solo paura. Di solito sono quelli che fanno la carriera vera]
14/04/2015
E’ un piccolo negozio, fa riparazioni, mette a posto cerniere lampo, cose così. A guardarlo ti chiedi come faccia a resistere, a tirare la fine del mese mettendo in linea i denti di una zip. Poi pensi che forse aiuta stare in mezzo alle due fermate della metropolitana più trafficate del centro di Milano, e forse aiutano quei cartelli che si prendono metà della piccola vetrina, uno che riporta un pezzo del discorso di Pericle agli Ateniesi, l’altro un brano della Repubblica di Platone, forse in un giorno dieci persone si fermano a leggere e di queste dieci forse una pensa che sì, dai, quella borsa posso ancora farla rimettere a posto, poi hai un attimo di lucidità e in quell’attimo realizzi che quei rettangoli di carta non hanno l’aria di richiami, di specchietti per le allodole, stanno vicini a ritagli di giornale che raccontano dei casi di corruzione per l’Expo e d’altra parte, seriamente, tu ti faresti riparare una cerniera perché uno ti legge un pezzo di Tucidide su cos’è la democrazia – ed è in quel momento, nel momento in cui stai per seguire l’onda stabile e sicura del disincanto quotidiano che ti fermi per una frazione di secondo e immagini, anzi speri che quell’uomo che vedi là dietro il banco del piccolo negozio che fa riparazioni e che si vede passare di fronte decine di migliaia di persone ogni giorno senza che una sola si fermi abbia attaccato quei cartelli senza alcun fine che non sia quello di rendere un po’ migliore il posto dove vive, e in quel momento vorresti avere una cerniera rotta, una borsa da non scartare, e entrare.
02/12/2014
Ora, certo che vedere Salvini nudo con cravatta verde è una cosa da labirintite cronica; epperò, pensate se ci toccava con l’Umberto.
31/10/2014
Poco fa, alla notizia che Paolo Gentiloni – evidentemente dotato del dovuto standing e delle numerose e importanti conoscenze internazionali necessarie per essere all’altezza del ruolo – era stato nominato ministrodegliesteri un caro amico, nonché il più lucido nell’analisi politica tra le mie conoscenze ha scritto che povero cristo il presidente, così anziano e quante gliene stanno facendo ingoiare. Non del tutto infondata come considerazione, ma il fatto è che ci sono dei ruoli – e il presidente è uno di questi – che sono corresponsabili per definizione: vuoi perché alla fine la firma la mettono, e senza pistola alla tempia, vuoi perché sono rappresentativi: e non delle maggioranze o delle minoranze, ma degli enti, degli organismi nel loro insieme. Poi certo, sì: a ciascuno il suo, come onori e come onerì: ma quanto di quel che nominalmente è altrui non è anche un po’ nostro, al netto del “eh, ma qui mica siamo in azienda, dove l’amministratore delegato risponde per tutti”?
17/10/2014
Io, sinceramente, l’unica speranza che ho è che su queste bozze intervenga un editor, ma uno bravo. Perché altrimenti vale quanto ha scritto ieri Mario Seminerio (l’analisi dei punti principali leggetela da lui, che sa quello che scrive e come lo si scrive), e bon, arrivederci.
Quindi, riassumendo: questa gente vuole tutto ed il contrario di tutto. Vuole che i sudditi consumino, per edonismo o per fame, e di conseguenza sblocca il Tfr (e la previdenza complementare), ma tassa tutto ad aliquota marginale, depotenziando in modo definitivo l’impatto della misura. Poi, questa gente vuole tassare a sangue i risparmiatori, appena respirano, dopo aver attuato una operazione “culturale” di pura depravazione, che arriva a definire “rendita” il risparmio previdenziale (e qui vergognati, Renzi, per quella slide. Ma tanto, se ne sei capace). A questo fine si raddoppia la tassazione sul risultato di gestione annuale dei fondi pensione, azzoppando il montante futuro. Epperò questa gente vuole anche stimolare gli agonizzanti investimenti, ignorando che il risparmio di oggi determina investimenti domani. Se ammazziamo il risparmio oggi, niente investimento domani. E invece no, non ci arrivano. Quando un paese riesce a produrre simili aberrazioni, è giusto che vada incontro al proprio destino. Altro da aggiungere non vi è.
16/10/2014
Giuro che ero animato dalle migliori intenzioni, stavo proprio per mettermi ad approfondire la legge di stabilità, avevo da poco sentito il PresDelCons definirla rivoluzionaria per la quantità di tasse tagliate (passando oltre con nonchalance sul fatto che i finanziamenti in deficit si chiamano così perché poi quei soldi ti servono e li vai a chiedere in prestito e ci paghi sopra gli interessi e ci siamo capiti), quando ho letto che il ministro dell’economia, della finanza e di tutto ciò che sta sotto il cielo stellato e non è comandato dal PresDelCons (cioè nulla) ha detto che sì, certo, è possibile che gli enti locali aumentino le tasse per recuperare i soldi che non gli verranno dati dallo Stato ma saranno comunque i cittadini a giudicare quei cattivoni, allora sono andato sulle slides del governo a vedere se nel footer, là dove spesso si mette il titolo della presentazione, ci fosse scritto l’audace colpo dei soliti ignoti e con mio grande stupore non l’ho trovato ma a quel punto le migliori intenzioni erano scomparse, vediamo se tornano, intanto voi fatemi sapere.
10/10/2014
Che poi io son qui che aspetto gli sviluppi, Alfano che mette sotto contratto Violetta chiedendole di fare twerking estremo, SEL che spariglia e rottama i rottamatori grazie all’endorsement di Austin & Allie, Berlusconi che si incazza con Verdini perché di più giovani sono rimasti solo i Teletubbies ma non sanno fare le rime.
|
|
|