A vent’anni si è stupidi davvero
Figurati se non ho nostalgia dei miei sedici e diciotto e vent’anni; non che me li ricordi benissimo o, per essere più preciso, non che mi fidi moltissimo né dei miei ricordi né di quelli dei miei coetanei. Ma se non altro c’era una vita davanti e la legittima illusione che con un po’ di culo le sorti potevano essere davvero magnifiche e progressive, o qualcosa di simile. E quindi figurati se non invidio Greta e Miriam e tutti gli altri che sono andati in piazza almeno per quel motivo lì e per la fiducia e la rabbia e l’energia. Ma va detto che, grazie a Dio, non si diventa adulti e poi anziani per nulla: e se è vero che ci si imbolsisce e si diventa più cinici ed egoisti è anche vero che, se non si è buttato via il tempo che si è vissuto, si arriva a una certa età sapendone di più di quando ci si preparava per la maturità. Ed è per questo che se da una parte è giusto dargli una mano, sostenerli e aiutarli (o almeno non mettersi di traverso) come i genitori fanno con i figli dall’altra è ancora più giusto fare quel che siamo e dobbiamo essere: adulti che, volenti o nolenti, spesso ne sanno di più dei ragazzi, per quanto questo sia seccante; gente che, usando onestamente intelligenza ed esperienza, sa far notare a Greta e Miriam e tutti gli altri che sono andati in piazza i punti deboli delle loro posizioni: non per dire “io sono meglio”, ma per aiutarli a essere migliori. Di noi, ma anche – e soprattutto – di loro stessi.