“What’s up, fellas”
Succede che in una città del Michigan il coach dei freshmen (ragazzi di quattordici e quindici anni) dice alla squadra di mettere su una chat per condividere le informazioni tecniche e logistiche – orari degli allenamenti, trasporti, cose così. I ragazzi obbediscono, ma senza rendersene conto sbagliano l’ultimo dei quattordici numeri da agganciare al gruppo. Al primo messaggio arriva la risposta da un apparente sconosciuto: “volete veramente aggiungermi?”. Certo, rispondono loro, pensando che è il compagno che sta scherzando, ma quello continua: siete sicuri? Sì dai, smettila. Ma sapete chi sono? E lì me li vedo che iniziano a sbuffare, e falla finita su, ma insomma per farla breve quello gli dice “sono Sean Murphy-Bunting, il cornerback dei Tampa Bay Buccaneers, i campioni NFL”: uno dei più forti difensori della lega, e già che ci siamo pure uno che ha giocato nella Central Michigan University, a due passi dalla città dei ragazzi.
Quelli continuano a essere scettici, non vogliono fare la figura dei creduloni, così Sean taglia la testa al toro e fa una videochiamata su FaceTime durante la quale fa fare ai ragazzi il giro virtuale dello spogliatoio dei Bucs e inizia a presentare i compagni che trova in giro, questo è Gronk (Rob Gronkovski, il più forte tight end di tutti i tempi), questo è Mike Evans, questo è Richard Sherman, questo è Leonard Fournette (magari non vi dicono nulla, ma fidatevi: è come leggere la formazione del Real di Di Stefano o quella dell’Italia del 1982). I giocatori si fermano a parlare con i ragazzi, uno dice a Fournette “Leo, guarda che sei nella mia squadra di fantasy football, mi raccomando la prossima partita” e lui risponde “stai tranquillo ragazzo” – e infatti un paio di giorni dopo giocherà contro Indianapolis e metterà giù 100 yard e 4 touchdown che è una cosa difficile da spiegare ma insomma fidatevi ancora, ha praticamente vinto la partita da solo con una meta a ventisei secondi dalla fine.
Comunque. Succede che nei Buccaneers gioca Tom Brady, considerato da molti il più forte giocatore della storia, uno che da solo ha vinto più SuperBowl di circa venticinque squadre avversarie messe insieme, uno che sta un gradino sopra o sotto Dio a seconda di quanto siete credenti. I ragazzi chiedono di poter parlare anche con lui, che però è impegnato in una riunione; allora Fournette li tiene lì, sta un altro quarto d’ora al telefono a parlare, a raccontare, a rispondere a domande, probabilmente sperando di riuscire a fare il regalo ai ragazzi, dai Tom non farla lunga. E la riunione finisce, e Tom Brady vede il suo compagno (che non è l’ultimo arrivato: è una superstar pure lui; per capirci, se Brady è Maradona – o Pelè, fate voi e non incistiamoci – Fournette è almeno Tardelli) che chatta al telefono ma non capisce con chi, si avvicina, Fournette gli passa il telefono e allora lui può vedere sullo schermo i quadratini delle facce di una dozzina di adolescenti, sorride e gli dice “Ehi, what’s up fellas” e quelli prima svengono e poi oh my god non ci posso credere e poi lo tengono lì e lui ci sta, risponde, parla, scherza. Ah, siccome lo sceneggiatore ha fatto le cose per bene, Brady ha giocato nei Michigan Wolverines, ad Ann Arbor che sta a quarantacinque miglia da dove stanno seduti i ragazzi, insomma anche se è californiano è anche un po’ uno di loro e infatti uno dei ragazzi scappa per trenta secondi, apre l’armadietto e torna mostrando la maglia gialla e blu dei Wolverines con il nome di Brady sulle spalle – che è un po’ come se un quindicenne di Gratosoglio tirasse fuori la maglietta di Franco Baresi, per dire come i miti e gli amori non muoiono mai. “E’ stato bello”, ha detto Brady. “Sarebbe stato bello anche per me se mi fosse successo quando ero all’high school. E il fatto che fossero ragazzi del Michigan lo ha reso ancora più bello”.
E’ una storia che ho trovato sul Washington Post, questa mattina. E’ una storiella piccola, di nessun conto. Però, non so. Sei campioni, multimilionari, gente che volente o nolente vive letteralmente in un altro mondo rispetto ai comuni mortali, prendono un’ora del loro tempo (quella di Brady vale 2876 dollari, se vi interessa: i Bucs gli passano venticinque milioni di dollari all’anno, e non consideriamo tutto il resto) e la passano a fare quattro chiacchiere – e il regalo di una vita o quasi – a una dozzina di ragazzini che come loro stanno in uno spogliatoio, a qualche migliaio di chilometri di distanza. Magari si sono rivisti in loro, magari hanno pensato a guadagnarsi senza fatica altri quattordici tifosi, vai a sapere: è che forse aveva ragione Foster Wallace, quando scriveva che “esiste una cosa come la cruda, incontaminata, immotivata gentilezza”.