Tornare in paese
Quando entriamo in chiesa e prendiamo posto nei banchi e ci guardiamo intorno, in quel momento proviamo la sensazione che sebbene abbiamo girato il mondo e visto posti e fatto cose e conosciuto persone che i nostri nonni mai avrebbero immaginato alla fine siamo nati e cresciuti e vissuti in un paese racchiuso dentro la metropoli, e a quel paese torniamo quando possiamo. Così intorno a quella bara ci siamo noi – e chi se no, gli amici di una vita – ma ci sono anche quelli che quella donna la conoscevano solo di vista ma era la mamma di un amico di mia figlia, ci incrociavamo quando portavamo i bambini a scuola quarant’anni fa, era sempre sorridente anche se ci scambiavamo solo il buongiorno e buonasera. E così intorno a quella bara ci sono il groppo in gola di chi ha perso una persona cara e l’acido in bocca di molti altri che hanno perso un microscopico pezzo di se stessi, che sono tornati al paese e qui c’era una fontana e adesso non c’è più e qui c’era il lattaio e adesso un parrucchiere, perché il dolore degli altri è tanto spesso pure il nostro, anche se per motivi diversi.