Sulla strada
Ho un solo rito per l’inizio dell’anno. Nessun cibo particolare, nessun colore speciale di biancheria intima (usa ancora? non so): quando vado a letto, non importa l’ora, inizio un libro. Pagina 1. Deve essere un libro che significa qualcosa: per me, intendo. Quindi è sempre una rilettura, perchè non voglio sorprese; è come mettere su The Blues Brothers o The Dark Side of the Moon: chiamalo usato garantito, se vuoi. Dev’essere, insomma, un libro che conta, che segna una strada sapendo che poi da quella scarterò cento volte. Alla fine quindi non sono molti quelli fra i quali scelgo, preparandomi un paio di giorni prima. Oggi ho ripreso “La chiave a stella” di Primo Levi, perché sono uno di quelli che ha avuto la fortuna di non avere veri problemi di lavoro nell’anno della pandemia, delle chiusure, delle casse integrazioni. E’ il libro che ha come protagonista Tino Faussone, di professione montatore, l’uomo per il quale la chiave a stella del titolo è la naturale prosecuzione della mano, al quale io, che ho un’abilità manuale da bimbo di tre anni, voglio bene come a uno zio buono e per il quale provo un’invidia buona e infinita. E’ l’uomo che dice, ricordando suo padre, “A lui un lavoro come il mio gli sarebbe piaciuto, anche se l’impresa ci guadagna sopra, perché almeno non ti porta via il risultato: quello resta lì, è tuo, non te lo può togliere nessuno, e lui queste cose le capiva, si vedeva dalla maniera come stava lì a guardare i suoi lambicchi dopo che li aveva finiti e lucidati”. E’ anche il libro dove, grazie a Faussone, Levi scrive alcune delle sue righe più belle – e ne ha scritte tante meravigliose -, come, ad esempio “Se si escludono istanti prodigiosi e singoli che il destino ci può donare, l’amare il proprio lavoro (che purtroppo è privilegio di pochi) costituisce la migliore approssimazione concreta alla felicità sulla terra: ma questa è una verità che non molti conoscono”. A volte le verità stanno lì, nascoste in bella vista sotto gli occhi: e ci vuole qualcuno che te le mostri, nella notte del primo giorno dell’anno, per iniziare la strada sulla quale tornare, prima o poi.