Bene, mi racconti di lei
Il lavoro è anche questo, partire lavorando in un’azienda con certe persone e tornare lavorando per un’altra – stessa ragione sociale ma gente diversa. Succede: cambia un azionista, un presidente, un amministratore delegato e oplà, la tua scrivania è ancora lì ma quello che gli sta intorno è altro da prima. Passi qualche giorno a capire l’aria che tira, a parlare con quel paio di colleghi rimasti delle cui opinioni ti fidi, a sentirti in qualche modo straniero in patria. Poi inizi un viaggio che non capisci dove ti porta, fatto di uffici e scrivanie che conosci ma occupati da persone nuove, e devi iniziare tutto da capo. Presentarti, farti conoscere, dire chi sei e cosa fai. Non è la prima volta che mi succede, anni fa entrai in uno spin-off e mi trovai nella kafkiana situazione di dover rimandare il curriculum, e presentarlo, e discuterlo con persone con le quali lavoravo da quasi tre anni (è la stessa azienda che poi licenziò me e parecchie altre decine di persone in tutta Europa con una videoconferenza, forse avrei dovuto insospettirmi per tempo); la cosa che fa sorridere non è quella di riprendere a fare colloqui non per trovare un nuovo lavoro ma per confermare le ragioni di quello attuale cercando al tempo stesso di capire quali sono i piani altrui che ti riguardano, ma come cambia la gente che in qualche modo conoscevi e che ha cambiato ruolo e posizione, come si modifica il modo di porsi, di parlare, di sottintendere, di esigere, di chiedere, di fare battute – forse l’abito non fa il monaco, ma il biglietto da visita, ecco, quello sì.