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La vita non è quella che si è vissuta, ma quella che si ricorda e come la si ricorda per raccontarla.
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    26/05/2013

    Come una palla magica

    Filed under: — JE6 @ 11:35

    Chissà se la porta di casa se l’è dimenticata aperta, o se l’ha voluta aprire e poi è successo qualcosa che l’ha fatto tornare indietro. Non lo so. So solo che questa mattina stavo uscendo per andare a messa e mentre aspettavo l’ascensore ho visto che non era accostata, così ho suonato il campanello per avvisarlo. Non ha risposto, e allora gli ho dato una voce dando un paio di colpi sullo stipite con le nocche della mano. Infine mi sono preoccupato, ho messo la testa dentro e l’ho visto lì, sul divano, seduto, con gli occhi chiusi, il portatile sulle ginocchia, le braccia cadute come quelle di un Big Jim rotto e il televisore che dava una partita di basket, di quelle che ogni tanto guardavamo insieme facendoci un paio di birre. Sono corso dentro, l’ho chiamato, l’ho scosso. Ho capito subito che era morto. Non che abbia esperienza, non ho mai fatto il volontario sulle ambulanze né ho assistito a morti in famiglia; solo, era chiaro che lui non c’era più. Mi sono messo a piangere, mi sono seduto sul divano al suo fianco. Ho preso il portatile, ho visto che stava scrivendo una mail, ho letto a chi e le prime due righe ma ho avuto la decenza di non andare avanti e poi sono rimasto così, per non so quanto tempo, forse dieci secondi, forse cinque minuti. Ho allungato la mano, ho preso il telecomando e spento il televisore non senza avere il vergognoso riflesso di guardare il punteggio, e nella stanza si è fatto silenzio. E’ stato grazie a quello che ho sentito qualcosa che non avevo ancora colto, un rumore che non mi spiegavo, come una successione di colpi senza frequenza, sordi, ovattati. Mi sono avvicinato al suo corpo, ed era da lì che quel rumore veniva, era evidente anche se inspiegabile. Gli ho poggiato due dita sul collo come si vede nei telefilm, poi le ho spostate sotto il naso e non c’era né aria calda né vita, eppure continuavo a sentire quel suono. Poi ho messo il palmo della mia mano sul suo petto e ho potuto toccarlo, quel rumore. Era il suo cuore, lo capivo, non potevo vederlo con gli occhi ma con la mente, il suo cuore che non pompava più sangue ma rimbalzava da una parte all’altra di quel petto come le palline magiche dei bambini, a destra, a sinistra, in basso, in alto. Non avrei potuto mai immaginare qualcosa di tanto spaventoso. Ogni tanto mi parlava delle sue tachicardie, senti come batte mi diceva e allora gli rispondevo che capita a tanti, lo stress, la stanchezza, senti come batte continuava a dirmi, adesso mi esce, magari dalla gola. Sono ancora qui, seduto sul divano, ho telefonato alla guardia medica e sto aspettando che arrivi qualcuno, un dottore che mi dica che il mio vicino e amico è morto per davvero senza far cenno a quel cuore morto che salta, che io continuo a sentire mentre il suo corpo diventa sempre più freddo e rigido.