Greetings from Ljubljana 2011 – La casa dei suoni
Alle otto di sera, prima di entrare in un pub per berci una birra, giriamo intorno all’accademia musicale. A quell’ora i suoni della città si stanno attutendo, diminuisce il traffico, la zona pedonale va lentamente svuotandosi. Così sentiamo distintamente gli accordi di pianoforte, le prove di un paio di strumenti a fiato e la voce di un insegnante che ferma le prove per dare istruzioni, forse un tempo tenuto male, forse un amalgama da ripensare. Svoltiamo a destra, lungo il fiume, e ci fermiamo a guardare un ragazzino che avrà dodici o tredici anni, in piedi su un piccolo palco, un fazzoletto azzurro tra il suo collo e il violino che sembra grande quanto lui. Lui non ci vede, è messo di tre quarti con il volto puntato verso un adulto che non riusciamo a vedere, noi stiamo lì, con le mani in tasca, a fissarlo senza dire una parola.
La mattina dopo, alle sette e trentacinque sto ancora passando da quelle parti, mi piace camminare quando le città si stanno svegliando, qualcuno è ancora in pigiama e qualcun altro invece sta preparando le bancarelle del mercato, qui il miele, là sciarpe e guanti, fa un freddo da far lacrimare gli occhi, vado ancora verso la casa dei suoni e adesso nella stessa aula del giovane violinista c’è una ragazza, anche lei non avrà più di quattordici anni, che suona la tromba – adesso le tende sono più scostate e vedo che la stanza è vuota, c’è solo lei che fa qualche passo mentre suona, e sembra che tutto sia a posto così.