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    19/12/2011

    Chiese, cattedrali

    Filed under: — JE6 @ 14:00

    Ho passato in Sardegna le prime diciassette estati della mia vita. Ci stavo uno o due mesi – più due che uno -, e di quel periodo un paio di settimane erano dedicate al mare della costa ovest; il resto invece lo trascorrevo tenendo come base il paese dei miei genitori, un borgo di mille anime e sette bar, nel quale entravi a cinquecentocinquanta metri di altezza e ne uscivi a settecento dopo esserti arrampicato come uno stambecco lungo “sa carrela majore”, quella che univa le case dei miei quattro nonni. Era un posto di un’altra epoca, anche se non avrei saputo e potuto dire quale: forse, se avessi conosciuto il Neolitico, avrei avuto un metro di paragone – e solo chi conosce la Sardegna centrale, quella che i turisti sfiorano per sbaglio, quella del silenzio assoluto e delle spine del fico d’india, sa morisca, che si staccano dalla pianta colpite dal vento per ridurti a un San Sebastiano venuto dal Continente, solo chi conosce quella Sardegna sa cosa voglio dire. Prendevamo la macchina e salivamo ancora, lungo l’unica strada – quella ancor meno battuta di una provinciale del North Nebraska – che scollinati i quasi mille metri di boschi e cinghiali e felci e piccoli torrenti portava, andando verso nord, alla Carlo Felice. Era un paradiso, ma me ne sarei reso conto soltanto dopo, o forse soltanto dopo avrei trovato modo di razionalizzarlo. A volte ci capitava di puntare verso sud, per andare a trovare un paio di famiglie alle quali ci univa un legame di parentela che mi è tuttora oscuro, inclusa una zia dal glaciale nome di Urania che mi faceva entrare in una stanza buia e fresca dove troneggiava un telaio di quelli usati per tessere tappeti e arazzi, e lungo quel tragitto vedevamo le enormi ciminiere del petrolchimico di Ottana, e le case in blocchi forati grigi lasciate a metà dagli operai vittime delle prime casse integrazioni. Oggi ho letto questo articolo di Repubblica, che parla di un posto dove io e mio padre andavamo quando lui mi insegnava a guidare fuori dai centri urbani, un posto che sta là nel bel mezzo del paradiso, bello fin dal nome, e ho pensato a quella terra, quella dei miei nonni, dove non si smette mai di costruire cattedrali – e chiese – nel deserto.

    2 Responses to “Chiese, cattedrali”

    1. Stella Says:

      bello! La Sardegna è bella e particolare un pò come la Sicilia.

    2. Anonymous Says:

      quando me sono andata non sopportavo quella stataticità, quel modo di restare così ossessivamente ancorati al passato, alle tradizioni. e ora che sono un po’ più matura, e mi capita di tornarci sempre più di rado, mi rendo conto di amarla proprio per questo. per la totale trasversalità. per il fatto di avere famiglie in cui coesistono medici, avvocati, poeti e pastori. per il fatto di andare ad una mostra di matthew barney e all’uscita attraversare il corso di nuoro e incontrare donne con le tipiche gonne lunghe a pieghe o uomini con pantaloni di velluto e gambali in cuoio, magari sopra un trattore.

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