Greetings from Trieste – Incanti
Mi sono sempre piaciuti più i porti del mare. I moli, le gomene, le gru, le scalette. I fari, e l’acqua che sbatte, e le meduse e i pesci che non capisci come possano vivere in quell’acqua scura e densa. E l’odore, il porto ha un odore suo preciso, odore di porto come odore di stazione, fatto delle cose e delle persone che si sono succeduti e sedimentati nel tempo. A Trieste arrivo quasi sempre da Opicina, passo davanti alla stazione di partenza del tram e poi faccio sfilare sulla destra l’obelisco, scendo, giro a destra e poi a sinistra e c’è un tratto, saranno cento metri, cinque o dieci secondi, c’è un tratto che gli alberi si aprono e vedi là sotto la città, e il porto, e le navi in rada. Sono le navi che piacciono a me, non quelle da crociera, sono petroliere e portacontainer, lunghe basse e sgraziate, navi di fatica che si fermano a riposare tenendo di fronte a sè Miramare e San Giusto. In quei cinque o dieci secondi non vedi niente eppure vedi tutto, i caffè, Via del Pane, la statua dei bersaglieri e quella delle sartine, e la piazza più bella d’Italia, che riluce quando piove e splende quando c’è il sole, i cantieri, i ragazzi che finita la scuola si bevono un bianco, le reliquie del santo protettore dei dalmati, la Risiera dello sterminio e i poeti, e le chiese, le chiese una più bella dell’altra, la bellezza lancinante di quella greco ortodossa con le foglie di alloro sul pavimento e quella più sottile della sorella serba, giusto duecento metri più in là come le famiglie che vivono nelle corti di campagna, unite ma separate, separate ma unite. Ogni volta che vengo a Trieste parcheggio al Molo 4, guardo i vecchi edifici in rovina, il binario che finisce nel nulla, e più in là l’acquario – anzi: l’Aquario – e il palazzo col nome più bello del mondo, il Palazzo degli Incanti che sì, lo so, non sono le opere del genio della lampada, e al limite fisico della vista i mercantili che aspettano il loro turno, e ogni volta non so perché ma mi sento in pace col mondo, e quando vado via ho paura di non poterci tornare più.
June 7th, 2013 at 11:04
condivido con lei l’innamoramento per Trieste severa e bellissima, e per quel lato della bellezza che sa di fatica, di quotidiano, di ruggine e di ricordo. Splendida cartolina, Sir.