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18/04/2013
C’è una gara, tra le molte dell’atletica leggera, che si dice essere la più dura in assoluto. I quattrocento ostacoli, un giro di pista fatto alla massima velocità con in mezzo un certo numero di ostacoli da saltare. Dicono che ti ammazzi, quella gara: in senso figurato, certo; dicono che l’ultimo rettilineo, quando hai i muscoli pieni di acido lattico e ci sono ancora due o tre ostacoli alti un metro da affrontare senza rovinarci sopra sia un supplizio inenarrabile. E’ una gara che a guardarla spezza il cuore, vedi questi ragazzi che partono come schegge, che saltano leggeri, puliti, senza un’incertezza o una sbavatura, ogni trentacinque metri non devono nemmeno accorciare il passo, staccano da terra e a terra ritornano senza fare una piega; va avanti così per duecento, duecentocinquanta, a volte trecento metri. Poi il dramma, alla fine dell’ultima curva, all’inizio dell’ultimo rettilineo. Lì c’è sempre qualcuno che si pianta, quello che è partito troppo forte, quello che senza rendersene conto ha fatto un passo più corto di venti centimetri e perde il riferimento, quello che la fatica viene fuori tutta insieme come un ladro che sbuca da un angolo e ti dà una botta sulla nuca; quello che, al penultimo o – peggio ancora – all’ultimo ostacolo, cade.
Negli ultimi due mesi ho guardato Pierluigi Bersani percorrere quell’ultimo rettilineo. E’ uscito dalla curva con il volto sereno di uno che sa cosa sta facendo, con la sicurezza di avere ancora tutte le energie necessarie a correre i cento metri che restano e pure qualcuna in più. Io ero sicuro che Bersani aveva tutte le capacità per vincere, ero sicuro che avrebbe vinto. Non stravinto, magari. Ma vinto sì, e anche bene. Avevo torto. I quattrocento ostacoli non sono trecentocinquanta o trecento. Sono quattrocento. Li devi correre tutti, li devi correre bene dal primo all’ultimo, e non devi sbagliare nulla. Lui non ne è stato capace, e a me dispiace, e molto: l’ho visto rallentare prima, e poi confondersi, e colpire col piede il penultimo ostacolo, atterrando barcollante per poi franare in pieno sull’ultimo. E’ ancora in piedi, il Bersani sul quale avevo puntato i miei pochi Euro, ma la gara l’ha persa, e l’ha persa male. Avevo torto.
PS – Avevano ragione gli altri? Quelli che avevano puntato su un altro quattrocentista? Se la metafora atletica fosse sostenibile fino in fondo, la risposta sarebbe sì, certo, avevano ragione gli altri. In realtà io credo di no, continuo a credere che anche loro avessero torto. In fondo, questa è la cosa che mi rattrista di più.
17/04/2013
Il bello delle dittature è che puoi dare la colpa a qualcun altro.
27/01/2013
Qualche giorno fa ho finito di leggere “Brigate Rosse – Una storia italiana”, il libro che venne fuori dalla lunghissima intervista che Rossana Rossanda e Carla Mosca fecero a Mario Moretti nel 1993. E per tutto il libro la cosa che mi girava per la testa non aveva a che fare con i morti, con l’idea della rivoluzione armata, con Moro, no, era qualcosa che aveva a che fare con la lingua, le parole, le frasi. Mi rendevo conto che quel che Moretti diceva io lo capivo: capivo quel che voleva dire, quel che diceva, come lo diceva. Il che, ovviamente, non significava essere d’accordo; significava però parlare una lingua comune, o quantomeno una lingua con radici comuni. Quali siano queste radici non lo so, non ho quel tipo di formazione, di storia, sono più giovane di Moretti, figlio di un’altra generazione, di un altro ambiente (e, per inciso, di un carabiniere: uno che, per il suo semplice essere tale, per Moretti era un nemico contro il quale era legittimo usare le armi). Sono giorni che ci penso, che mi chiedo se un ventenne oggi potrebbe leggere quel libro e capire, che mi chiedo perché io ho capito, e se faccio parte di un gruppo di persone che ha letto troppo di politica e di cronaca politica, che si è abituata a dare quel significato a quelle parole, che invece per gente “normale” ne ha un altro, o non ne ha per nulla.
30/12/2012
Ho appena letto che Massimo Mucchetti – vicedirettore del Corriere e, per quanto mi riguarda, uno dei cinque-sei giornalisti che in Italia valga ancora la pena leggere – si candiderà (verrà candidato? non lo so. Tutto sommato non mi interessa un granché) con il PD. Per quanto questo sia il mio partito, la mia sola opinione al riguardo è che avremo un grande giornalista in meno, e un (forse) discreto parlamentare in più. Da cittadino, non credo di guadagnarci.
24/12/2012
Ieri sera uno dei mondi che bazzico [per intenderci: quello nel quale il PD prende l’86%, Bersani ha statura politica inferiore solo a quella di Mao ma è giusto questione di tempo e in ogni casa ci sono altari votivi e ceri sempre accesi per la quotidiana adorazione di Massimo D’Alema (considerate questa descrizione un autoscatto)] si è trasformato nella versione 2.0 della Tom Ponzi SpA – una cosa di agendemonti, ichini, pidieffe, stavi con me ma già andavi a letto con quell’altro: fidatevi, è tutto qui; ma se ne volete un riassunto professionale lo trovate qui. Questa mattina ho riletto il tutto, e per l’ennesima volta mi sono sentito nelle orecchie la voce di un’altra che la sa lunga per davvero ripetermi “se solo sapeste quanto alla gente non gliene freghi nulla di tutto questo, avreste l’idea dell’infinito”.
07/12/2012
Avevo promesso (in particolare a me stesso) che di primarie non avrei più parlato: c’è un limite a tutto, anche alle fissazioni. Ma c’è una cosa che mi ronza in testa da un po’, oggi dovrebbe essere giornata di riposo e invece sono in un albergo nel sud-est della Slovenia in attesa di incontrare un fornitore, ho mezz’ora di tempo, insomma ci siamo capiti.
Ho sentito Matteo Renzi dire un sacco di fesserie, e ancora di più ne ho sentite dire dai suoi sostenitori/seguaci. Sarebbe meglio dire che ho sentito il suono del vuoto ben confezionato, in effetti. Ma una cosa giusta l’ha detta, e l’ha detta spesso. Una cosa che Bersani gli ha rimproverato sempre, avendo tanta ragione quanto torto. Renzi ha detto spesso “noi” e “loro”, e questo modo di dire non piace perché è il segno del sentirsi diversi (e migliori, ovviamente), del non sentirsi parte dello stesso gruppo, del mettere barriere ed ostacoli, del rifiutare l’idea del “siamo tutti una grande squadra, collaboriamo, vogliamoci bene”. Beh, il fatto è che secondo me con quel “noi” e “loro” Renzi diceva invece la verità: dal suo punto di vista, ma pure dal mio, di uno che su mille cose la pensa in modo radicalmente opposto. In queste settimane lo abbiamo toccato con mano, questo “noi” e “loro”: un diverso modo di essere, di fare, di vedere le cose, di pensare alla realtà e di progettare il futuro. Se non fosse stato così non ci sarebbe stata gara, non ci sarebbe stato bisogno di farla. Noi e loro, in tutti i sensi: politici, ma pure umani. Non ho problemi a dire che queste primarie per certi aspetti sono state consolatorie, perché hanno confermato tutti i miei (pre)giudizi nei confronti di un discreto numero di persone e di categorie di persone. Detto questo, what’s next? Come si va avanti? Si può andare avanti insieme? Non lo so. La vita è piena di coppie fatte da persone che non potresti considerare più diverse l’una dall’altra e che pure restano insieme magari non per tutta la vita ma abbastanza a lungo da farti pensare a cosa diavolo le teneva unite (e al tempo stesso la vita è piena di coppie fatte da persone che “oh, son proprio fatti l’uno per l’altra” e poi bum!, uno di qui e una di là): quando si dice che l’amore è cieco forse si parla anche di questo. E’ che io non so bene quanto amo Matteo, e quanto Matteo ama me.
29/11/2012
Un giorno dovremo riparlare di questa idea così diffusa, quella che noi – la c.d. società civile – siamo migliori della c.d. classe dirigente che ci guida. Lo spettacolo offerto dalla prima in occasione delle primarie* del centrosinistra è semplicemente imbarazzante; c’è l’imbarazzo della scelta, davvero, e non si salva nessuno di questo nostro popolo di santi, poeti, evangelisti e twittatori compulsivi: al posto di Bersani e persino di Renzi direi “fatela finita, siete ridicoli, mi vergogno di voi”, è che purtroppo i tempi non sono ancora pronti per il ritorno di Lenin. Se quelli dall’altra parte non fossero ridotti come stanno, dovrebbero solo sedersi in riva al fiume aspettando il passaggio dei resti del nostro collasso intellettuale, del Big Bang del nostro cervello, poi gli basterebbe alzarsi, scuotersi un pochino di polvere dai pantaloni e andare da Napolitano a farsi dare l’incarico per manifesta assenza di avversari credibili. Invece son messi persino peggio di noi: così ci toccherà vincere le elezioni, che è una cosa che davvero non ci meritiamo.
* La prossima settimana si riprende a parlare d’altro, promesso.
25/11/2012
“Un’adunata giudiziosa” – Paolo Ferrandi, il Signore lo mantenga sempre in buona salute, a proposito di primarie del centrosinistra.
23/11/2012
Perché è il migliore di tutti, per distacco. Tutto qui.
15/11/2012
hai tanto girato
sei tanto istruito
e allora adesso
impara un’altra verità:
a fare il profeta, mai
nessuno ci guadagnerà
Quattro milioni e mezzo di persone. Sono tante, no? Sono quelle che qualche sera fa si sono piazzate sul divano a guardare il confronto televisivo tra i candidati alla guida della coalizione di centrosinistra. Un trionfo: share alle stelle, la cravatta viola di Renzi, le pagelle del Corriere, l’inizio della fine di Vespa, l’influenza di Vendola, un paio di quintali di articolesse e post e tweet sul Pantheon della sinistra Papa Giovanni incluso – insomma, le magnifiche sorti e progressive in sedici noni ad alta definizione, come se avere nove milioni di occhi che guardano quello spettacolo di varia umanità significasse davvero entrare in contatto con la gente, con gli elettori, con i cittadini: con noi, diciamo così. Poi arriva un ministro, si chiama Fabrizio Barca e non deve essere proprio uno di facili entusiasmi, e come il fanciullino pascoliano – quello che nel momento della massima allegria altrui dice con tono serio le cose che riportano tutti con i piedi sulla terra – butta lì queste ventidue piccole, preziose parole: “Per quanto riguarda il PD mi piacerebbe vedere lo stesso entusiasmo speso per un confronto televisivo anche per l’impegno sul territorio”. Come va a finire, lo sapete anche voi no?
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