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La vita non è quella che si è vissuta, ma quella che si ricorda e come la si ricorda per raccontarla.
(Gabriel Garcia Marquez)

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    22/05/2019

    Le cose importanti

    Filed under: — JE6 @ 15:36

    Ogni tanto penso alle cose che DFW scriveva sull’ironia, al nostro averne fatto il quasi unico veicolo di interpretazione e racconto e confronto di quel che ci succede, così pervasivo da farci dimenticare come si può parlare seriamente di qualcosa senza necessariamente prenderci troppo sul serio (insomma, la sto proprio tagliando con l’accetta, lo so: forse lui diceva e voleva dire cose diverse ma a me questo è rimasto).

    Comunque, sta di fatto che a volte uno si ferma. Si ferma proprio, trova una piazzola, mette la freccia a destra, esce dal flusso e si ferma; perché gli pare di averne abbastanza, persino di se stesso, e ci vuole una pausa per rifiatare. Per dire, tutta l’ironia e il sarcasmo e il non-prendiamo-sul-serio-niente-mai-perché-altrimenti-ci-tocca-fare-i-conti-con-la-vita, quella roba lì può venire a noia, ti può portare a un punto di saturazione, ad una stanchezza che ti fa pensare che tutto sommato sia molto meglio fermarsi in quella piazzola, in silenzio.

    Ogni tanto penso a queste cose qui. L’ultima volta mi è capitato stamattina, leggendo le poche righe con le quali una signora che non conosco di persona e che forse potrei chiamare amica (nel modo che ci è diventato comune usare, perché altrimenti dovremmo ricorrere alle Sturmtruppen: “Amici o nemici?” – “Semplici conoscenti”) spiega perché se ne è stata zitta per tanto tempo:

    Sulle cose importanti, invecchiando, ho preso a stare sempre più zitta, prima per scaramanzia, poi per dolore, e poi per abitudine, fino a non dire quasi più niente. Non mi piace.

    E niente, pensavo che al netto dei dolori che sono cose intime e infinitamente personali, c’è quella cosa dell’invecchiare e zittirsi sulle cose importanti che mi pare di conoscere, e non piace molto nemmeno a me, e forse dovrei rileggermi quelle pagine di DFW, quella specie di fratello maggiore morto troppo presto e che aveva le parole giuste per quasi tutto, quelle che quasi tutti noi avevamo sulla punta della lingua ma non sapevamo dire.

    22/01/2019

    A volte ritorniamo

    Filed under: — JE6 @ 11:43

    Dice che la gente sta tornando a scrivere sui blog. Chi lo dice? Beh, qualche amico e Carlo Freccero, con la sobrietà che gli viene universalmente riconosciuta. D’accordo, non esattamente un campione significativo; però, davvero, pare che. Pure gente insospettabile: non come il sottoscritto, che in fondo non ha mai smesso – e un post al mese qui sopra, e quattro-cinque all’anno su LeftWing – ma gente che il periodo d’oro l’ha vissuto, e in pieno, e poi altrettanto in pieno ha smesso e adesso riprende, magari anche solo ritoccando cose scritte altrove (cit.) o tenendo i post in bozza perché poi alla fine non sembra ma cliccare su “publish” richiede uno sforzo che tu non hai idea. Perché lo fai, cantava quello là, e come al solito non c’è una risposta. Ce ne sono tante: perché ha ripreso X, perché voglio vedere se ringiovanisco di quindici anni, perché tutto il resto mi ha stufato, perché finalmente ho smesso di credere che tutto questo cambierà il mondo, perché sì, e perché no. C’è qualcosa da dire, soprattutto c’è qualcosa di dicibile in un modo che valga i due minuti e quaranta secondi di lettura che nessuno mai ti restituirà? Non lo so. Se devo essere sincero no, non credo se non in rarissimi casi. Ma in fondo è sempre stato così, lo era anche quando qualcuno pensava – in modo apparentemente sincero – che scrivere un post al giorno o alla settimana fosse il piccolo ma pur sempre imprescindibile contributo al cambiamento dal basso, alla costruzione e alla condivisione dell’intelligenza collettiva. E anche allora, quando ci leggevamo l’un l’altro in cento e ci pareva che fossero centomila, quelli più saggi sapevano che il bello stava nel non crederci davvero, nel non prendersi sul serio, nel giocare a gratis. Gli altri ci hanno fatto una carriera o hanno passato un paio di anni ospiti non paganti e non pagati di questo o quell’aperitivo. Poi hanno lasciato il campo libero, che è rimasto vuoto per un sacco di tempo, e adesso – se per caso o per bisogno non so e tutto sommato non m’interessa – in quel campo qualcuno rimette piede, alzando un po’ di polvere con la punta della scarpa.

    16/01/2018

    Rinnovi

    Filed under: — JE6 @ 13:01

    Qualche anno fa, per una serie di congiunzioni astrali sfavorevoli e buchi di memoria dimenticai di rinnovare questo dominio. Quando me ne accorsi passai una mezza giornata di panico, una cosa da oddio e adesso come faccio e sudorazione e contatto ansioso e compulsivo del customer care di Aruba (ok ok, Aruba, lo so). Ma era un altro mondo, questi accrocchi di post avevano un senso e forse addirittura un ruolo, ed esserci per tanta gente come me era importante, significava stare dentro un flusso che univa un sacco di persone diverse che altrimenti non si sarebbero mai incontrate nella vita (qualcuno pensava anche di farci soldi e/o di diventarci celebre, ma non starei a perdere tempo a sbertucciarli retroattivamente: diciamo che io e quelli come me non erano sfiorati da questa idea). Oggi, invece, quando per ironia della sorte non corro più il rischio di dimenticarmi i pezzi per strada perché ho un amico preciso ed efficiente che a tempo debito mi manda una mail (che normalmente si autopresenta come l’equivalente delle tasse e di quell’altra cosa lì che non si può proprio evitare) e mi mette al riparo dai danni del passare del tempo, sono abbastanza certo che non mi preoccuperei più di tanto se mancassi l’appuntamento: scrivo molto meno e spesso scrivo altrove, anche cose che semplicemente rimangono nell’hard disk e questo non è più il posto dove mettersi dentro e discutere e ritrarsi in modo più o meno fedele, dove esprimersi (mioddio). E’ la seconda casa, quella in campagna, ma una campagna anche un po’ sfigata, fuori mano, polverosa. E però ci hai passato così tanto tempo, quel tavolo con una gamba più corta l’hai comprato tu nel paese vicino, i quadri alle pareti li hai attaccati quando qui ci venivi così spesso da pensare che forse era questa la prima casa, la mattonella sbreccata e il lampadario e quei fogli rinsecchiti che stanno nei cassetti sono tutte cose tue che hanno valore anche se non valgono più niente, come l’aratro di Tom Joad la sera prima di partire per la California. Forse da fuori sembra insensato, ma in fondo non spendiamo forse dei soldi per tenere un piccolo loculo dove riposano i nostri cari, e una volta ogni tanto andiamo, portiamo i fiori freschi, diamo una passata al marmo e sfioriamo la fotografia con un dito? Ecco, e quindi.

    09/10/2017

    Ciò che siamo

    Filed under: — JE6 @ 17:05

    Ogni tanto viene fuori un articolo che spiega, analizza, disseziona il fenomeno degli haters, di quelli che passano il loro tempo (non solo quello nominalmente libero, si direbbe) a stare su Internet e scrivere male di qualcuno, e più spesso di chiunque. Di solito il ritratto che ne viene fuori è una cosa riassumibile in “sembrava tanto una brava persona”. Sembrava, appunto. Perché forse aveva ragione Michael Lewis, più di quindici anni fa, quando Internet era ancora in fondo una cosa di nicchia e per nicchie e raccontando la storia di Jonathan Lebed – un quindicenne che finì sotto inchiesta per manipolazione dei mercati azionari – scrisse “il punto vero della storia di Jonathan Lebed era che lui si era inventato su Internet (…); qui, dove nessuno poteva vedere chi era, divenne ciò che lui era“. E forse è così, davvero, per tutti noi.

    22/08/2017

    Gli uni agli altri

    Filed under: — JE6 @ 08:50

    Non è passato tanto tempo, forse dieci anni, anche meno. Qui sopra eravamo molti di più a scrivere le nostre cose, quelle che ci passavano per la testa – faccende di lavoro, cose di famiglia, viaggi, politica, musica e tutto il resto della baracca quotidiana. Qualcuno pensava che così facendo si potesse cambiare il mondo, la gran parte – quella più sana di mente – era contenta così, contenta di farsi nuovi amici, di leggere delle storie, di conoscere pezzetti di mondo vicino e lontano che altrimenti non avrebbe mai toccato. Poi le cose cambiano, con i traslochi si modificano le abitudini, sono le cose della vita. Ma qualcosa in fondo rimane, molti ricordi e alcuni legami, anche strani. Ieri o l’altroieri è morta la nonna di un amico di quei tempi lì, e una persona ha scritto “le volevamo bene per interposta persona” e un’altra ancora “grazie per avercela fatta conoscere” e non erano cose dette tanto per. Sono passati dieci anni, forse meno, siamo cambiati un po’ tutti, spesso – si direbbe – in peggio, ma un pezzetto del nostro mondo, del nostro microcosmo lo abbiamo reso migliore, gli uni agli altri. Va bene così.

    30/08/2016

    Una vita fa

    Filed under: — JE6 @ 15:38

    Una vita fa c’erano i blog, e pure i blogger. C’erano anche cose che a guardarle oggi possono sembrare ridicole e/o patetiche: forse lo erano, ma erano tutti (più) giovani e poi è passato tanto tempo, non abbastanza da misurarle come se fossero Storia, ma a sufficienza per non ricordarsele nel modo giusto – se uno c’è. Una di queste cose si chiamava BlogRodeo, che partì come una serata nella periferia milanese; per molti rimase quello, per qualcun altro proseguì ancora un po’ come un divertissement da pausa pranzo, poi finì come tutte quelle altre cose che a guardarle oggi eccetera. Quella sera c’era anche Tommaso Labranca, nei panni del Bravo Presentatore. Chi lo invitò, chi lo convinse a venire e prestarsi – sicuramente senza compenso – non lo so o comunque non lo ricordo più; lui era quello famoso, nei limiti della celebrità che uno come lui poteva avere, e nonostante questo la sua presenza non era incongrua. Non più di quella di chiunque altro fosse lì. Non ho altri particolari ricordi di Labranca, non farò il fan che non ero. Però tanti anni dopo, una vita dopo, mi sono ricordato che lui era lì e anche se non ci scambiai una sola parola – almeno non mi pare – so che ebbi la sensazione che stava lì per e con piacere. Magari mi sbaglio, è passato tanto tempo.

    11/03/2015

    La mamma, i sapienti, la sineddoche e il metodo Report

    Filed under: — JE6 @ 09:03

    Mia mamma, come tutte le mamme, mi ha dato una discreta quantità di consigli. Molti, come tutti i figli, non li ho seguiti, ma uno sicuramente sì: stai attento alle compagnie. Naturalmente nei limiti del possibile, perché è bastato poco per capire che l’idea di essere l’unico artefice della mia vita era bacata come Windows Vista, e quindi c’erano parecchie cosette fuori dal mio controllo. Per dire, i colleghi mica te li scegli: arrivi in un’azienda, ti danno una scrivania, e chi c’è c’è, non è che puoi dire questa sì e quello no come ti pare. E però, sempre i colleghi, un po’ te li scegli: quelli con i quali ti fermi due minuti in più alla macchina del caffè, quelli che dopo un annetto allora ci fermiamo al bar qui sotto e beviamo qualcosa. Per dire, appunto. Gli ambienti, i microcosmi non sono quasi mai completamente imposti: al loro interno ti ci scavi la tua nicchia, e la riempi; o entri nelle nicchie altrui. A me, che non ho un Q.I. sopra la media, questa è sempre stata una cosa piuttosto chiara fin da quando avevo otto anni (no, in effetti non mi posso definire un bimbetto precoce), ed è rimasta tale da allora in poi. Evidentemente però non è così per tutti. Non lo è per una serie di sapienti che ho letto qui e là in questi giorni, quelli che parlando e scrivendo di un certo ambiente sociale non hanno trovato di meglio che ricorrere alla sineddoche e far diventare la loro esperienza quella di tutti considerandola l’unica e sola possibile: nicchie? microcosmi? Ma va là, ma ti pare, troppo complicato; come se nessuno, a partire dalle loro mamme, gli avesse mai detto di stare attenti alle compagnie che si sceglievano; come se nessuno li avesse avvisati che se la loro nicchia era rissosa, rumorosa, prepotente, tronfia il problema non era dell’universo mondo ma del fatto che si erano scelti male i compagni di viaggio, i colleghi con cui fermarsi due minuti in più alla macchina del caffè, che la risposta stava dentro di loro – e infatti era quella sbagliata. La cosa fantastica di tutto questo è che molti di questi sapienti nel tempo sono diventati persone importanti: insegnano all’università, hanno un biglietto da visita con su scritto Social Media Something, scrivono libri, disegnano articolate e talvolta retribuite strategie di conversazione sociale – che è un po’ come pagare per seguire un corso di public speaking tenuto da Rain Man, a ben pensarci – e quindi, che dire, in virtù del loro status bisogna pensare che hanno ragione loro. A me rimane il dubbio del metodo Report, cioè di quella cosa che ti sembra tutto ragionevole finché non senti la Gabanelli e i suoi parlare di qualcosa che tu conosci bene, e allora capisci un paio di cose: la prima è che fai meglio a cambiare canale, e in fretta; e la seconda è che, come sempre, aveva ragione la mamma.

    15/12/2014

    Canta Appress’ A Nuie

    Filed under: — JE6 @ 18:40

    Essendo un vecchio nostalgico, vedere una specie di riedizione in quota rosa del defunto PslA mi procura la dovuta fitta da qualche parte fra una costola e l’altra. E mi fa piacere che ci sia ancora in giro qualcuno come Gaia abbastanza sciroccato da mettersi dietro a cose così: e quindi andate, scaricate, leggete, quelle cose lì.

    16/05/2014

    Tempo perso

    Filed under: — JE6 @ 21:01

    L’abbiamo visto tutti un film nel quale, per impedire la diffusione di una notizia, per nasconderla agli occhi di qualcuno c’è un signore che inizia un affannoso giro delle edicole della città, mi dia tutte le copie che ha di tutti i quotidiani che vende, ehi lei, sì, lei, il giornale che ha appena comprato glielo prendo io, al doppio del prezzo. A volte quel signore ha successo, a volte no. Di solito no perché i buchi nella diga sono sempre almeno undici, e le dita delle mani rimangono dieci. E’ così anche nel tempo di Internet, figuriamoci: e moltiplicato alla miliardesima potenza. Don Quixote, i mulini a vento, quelle cose lì. Ma il tempo speso a cercare di tappare quei buchi, a comprare tutte le copie del quotidiano in ogni edicola della città non è tempo sbagliato come pensa qualcuno (e prendo Massimo Mantellini come semplice esempio): no, è tempo perso. Che è una cosa diversa, che non implica un errore. Ma se investissimo il nostro tempo solo nel fare cose presunte utili, beh, la nostra sarebbe una vita ben più grama di quella che è.

    24/03/2014

    Contrappassi

    Filed under: — JE6 @ 14:04

    La tentazione di maramaldeggiare è una piccineria seconda solo al maramaldeggiare vero e proprio, una cosa da mi pento e mi dolgo e poi dieci pateravegloria. Epperò io a leggere un pezzo come questo di Vittorio Zambardino e non pensare chi di Cluetrain Manifesto ferisce eccetera proprio non ce la faccio.