Sono onesto, ma non sono Shakespeare
B. Georg rimette in moto i neuroni, e piazza un post “di peso” su blog, numeri, scrittura ed universo mondo. Evito i convenevoli, e passo alle riflessioni.
“Il nostro scrivere è per molti versi un parlare (…) e dell’oralità ha molte caratteristiche”. Se è vero, è preoccupante. Non mi nascondo che qualunque nostra espressione dovrebbe derivare da analoghe successioni di azioni mentali (raccolta delle informazioni, elaborazione, espressione), ma nell’oralità c’è una quota di improvvisazione molto maggiore rispetto a quella che si trova nella scrittura. La parola, una volta detta, è andata. La parola scritta può essere cancellata, spostata, e soprattutto – in generale – si presta ad una diversa e maggiore meditazione. Non funziona sempre così – ma dobbiamo ammettere che è facile rendersi conto di quando questo processo di premasticazione non ha avuto luogo.
BG torna poi su un tema a me piuttosto caro: “ci convinciamo che la nostra visibilità (…) dipenda dalla nostra capacità di renderci interessanti e non dalla nostra capacità di accordare la nostra voce con i nostri contenuti, così da diventare originali, cioè inconfondibili”. Hmm.
No, non mi convince. O meglio: la nostra visibilità (quella dei blog, si intende) dipende dalla nostra capacità di essere interessanti, e quindi di renderci tali agli occhi di chi ha la ventura di leggerci. E’ questa capacità che crea la corrispondenza intrinseca tra blogger e lettore (come tra blogger A e blogger B), la relazione continuativa, quella che sta alla base degli accessi ripetuti da parte di uno stesso soggetto in uno stesso blog. Io leggo tutti i giorni [Falso Idillio] perchè mi interessa (per temi trattati, oppure per tipo di scrittura). Se non mi interessasse, utilizzerei diversamente il mio tempo. E la stessa cosa faccio con Mantellini, Vic, Luca Sofri, Paolo Valdemarin, GuruGranieri e gli altri che stanno nei miei bookmark.
Diciamo che questa considerazione vale dal cosiddetto “lato utente”. Rientrando nei panni del blogger, non posso nascondermi che i numeri sono indici della mia capacità di suscitare interesse in modo continuativo. Tutti le altre anime perse che vagano nella blogosfera si comportano come me, e adottano nei miei confronti lo stesso comportamento che io adotto nei loro.
Vogliamo dire che la mia capacità di essere interessante dipende dalla mia capacità di “accordare la mia voce con i miei contenuti”? Credo di sì, credo che in parte questo sia vero. Alla lunga, se questa capacità non c’è, se viene simulata, si viene scoperti. Si suona falsi. Di casi, in giro, ce ne sono parecchi, ed anche famosi. Ciò non toglie, comunque, che il blogger che si guarda allo specchio (ed i numeri sono uno dei possibili specchi nei quali rimirarsi) deve riflettere su quanto i propri contenuti trovino spazio, consenso, interesse, in coloro che lo frequentano.
Detto questo: “essere interessanti” significa “essere originali”? No, io non credo. Almeno, io all’originalità – anche per come la intende BG – credo davvero poco. E’ già stato scritto e pensato (quasi) tutto, e l’originalità , sia essa relativa ai temi oppure ai toni, oppure ad entrambi, è dono di pochissimi eletti. Lo dico con chiarezza, io non sono tra quelli. Ma, in tutta sincerità , in giro non ne vedo. E questo, però, non mi impedisce di frequentare alcune persone tutti i santi giorni. Come si fa con gli amici: non sono belli, non sono originali, non sono dei cervelloni: ma ti piacciono, e vai a farci quattro passi insieme, e ti senti bene.