Ignorare il dubbio
Ho iniziato a leggere il libro di Beppino Englaro qualche giorno prima che la figlia venisse trasferita a Udine per quelli che potrebbero essere i suoi ultimi giorni. Continuo a rimanere ammirato dalla volontà tenace con cui quest’uomo (e sua moglie, immagino: una donna che ho letto essere malata, che è sempre stata lontana dai riflettori e che però – immagino ancora – c’è sempre stata, forse persino più forte e dura del marito) combatte, discute, si confronta con la ragione, sulla ragione e per la ragione. Dovesse capitare a me una tragedia come la sua, non so davvero se sarei capace di andare avanti per una vita lottando in pubblico e ritrovando ogni sera l’abisso del dolore in privato. Beppino Englaro, lo ammetto, mi fa quasi paura. Sono a metà del libro, e le concessioni che ho trovato a quell’italianissima forma di umanità che spesso porta a sconfinare nel patetico, che pure chiunque giustificherebbe, sono rare al punto da suonare stonate: Eluana, “da viva” era perfetta, matura, bella, sensibile, forte, coraggiosa – aggiungete voi gli aggettivi che vi vengono in mente. Ecco, questo a me pare troppo, ma è evidente che non è questo ciò che conta, a meno di non volersi far venire in mente il dubbio maligno e carogna che la volontà della ragazza fosse meno granitica di quanto racconta il padre. Lo ammetto, è un dubbio che mi ha sfiorato, ma che ho scartato – sia perchè respinto dalle tante testimonianze convergenti al riguardo, sia perchè in fondo, credo, irrilevante per il merito di ciò che si discute, di ciò che questa vicenda mette sul tavolo per tutti noi. Spero che la terra possa essere lieve per Eluana Englaro, spero che la vecchiaia possa essere meno dolorosa del presente per i suoi genitori, spero che anche noi potremo guadagnare qualcosa da una tragedia altrui, eppure nostra.