Il fanciullino verde
Magari non c’è bisogno di dire che l’idea di Matteo Salvini di riservare posti o interi vagoni della metropolitana milanese a indigeni (i quali, notoriamente, non esistono più da tempo – e viene da chiedersi dove abbia vissuto il proponente finora) e non meglio identificate “persone perbene” (suppongo che i controllori non dovrebbero essere incaricati di verificare l’avvenuta obliterazione del biglietto, ma la validità del certificato di buona condotta del passeggero) è una scemenza di dimensioni piuttosto cospicue. Però forse c’è bisogno di dire che quella boutade esprime una sensazione di pancia che non sono in pochi ad avere: e non parlo di leghisti duri-e-puri, ma di un sacco di altra “gente”, che non arriva a tanto solo per questioni di forma e buona educazione (insomma, perchè “non sta bene dirlo”). Certo, raffigurare Salvini come il fanciullino pascoliano che dice la parola che tutti (o comunque tanti) hanno sulla punta della lingua ma nessuno riesce a pronunciare è un indubbio segno dei grami tempi che viviamo; ma non farlo è forse addirittura peggio.