La prossima volta
Si guardano negli occhi, lui ingobbito e con i pantaloni troppo larghi, lei con il rossetto pesante e la matassa di capelli cotonati che punta verso il cielo. Avranno, entrambi, poco meno di ottant’anni e sembrano tirati fuori di peso da una vecchia commedia di Eduardo. Si parlano con l’astio complice che si riserva solamente a coloro con i quali si è passata insieme la vita, il mutuo e le stoviglie da asciugare e la passeggiata in riva al mare e il fugace pensiero di un tradimento e la laurea della figlia; quando lui le dice che si porta sempre in giro troppa roba, lei risponde piccata che non è vero, e che comunque la prossima volta lei andrà da sola – chissà dove – e in quel “la prossima volta” c’è tutta la follia del genere umano, che continua a fare programmi anche quando non ha più fiato per scendere tre scalini reggendo una borsa, che resiste a se stesso, alla noia di sé, alle ossa che si piegano, con una tigna insensata che porta a dividere il letto e il conto in banca per sessant’anni, fino al prossimo viaggio, fino alla prossima stazione.