Si sta come le Pagine Gialle davanti ai portoni
Qualcuno prova un senso misto di vergogna per lo spreco e pietà per chi ha fatto il lavoro e allora si china, prende il volume in mano, apre il portone, entra in ascensore e poi in casa e lo appoggia da qualche parte – un portariviste capiente, la scrivania dello studio, un angolo libero della libreria – senza nemmeno strappare il cellophane di protezione. Qualcuno, dopo aver preso il volume in mano, non fa che girare due angoli, portarsi alle spalle del palazzo, aprire il bidone bianco della carta da riciclare e buttarcelo dentro – a volte dimenticandosi di toglierlo, quel cellophane. Qualcun altro non fa nemmeno lo sforzo, ci penseranno quelli delle pulizie condominiali. E fino a quando questi ci pensano per davvero i volumi rimangono lì, a fianco del grande zerbino del portone di ingresso, impilati uno sull’altro, spessi la metà di quanto non fossero solo cinque anni fa, pieni di numeri di telefono che nessuno consulta più, ci restano per giorni e giorni – sembrano una metafora di qualcosa, se solo si capisse di cosa.