L’anno che è passato
Ci sono tanti modi di misurare il tempo. C’è il ciclo lunedì-venerdì, e quello più corto sabato-domenica che a volte è già finito quando inizia il Gran Premio di Formula 1. C’è quello che va da un capodanno all’altro. C’è quello che va da un buco nella cintura a un altro, da una 48 a una 46. C’è quello dal quale non siamo più usciti dall’età di sei anni, che inizia a settembre e finisce cinquanta settimane dopo, in coda al casello di Melegnano. C’è quello ho-iniziato-questo-lavoro-il-primo-febbraio-dell’anno-scorso. C’è quello che va da una visita al cimitero a quella successiva. Oggi è un anno giusto che mi hanno dato questa macchina, ho guardato il contachilometri, ho visto una cifra che è quella della circonferenza della Terra all’Equatore, dentro quei cinque numeri ci stanno un sacco di cose, qualche centinaio di ore con il volante tra le mani, ansie prima degli appuntamenti, sollievi di ritorno, piogge torrenziali e tramonti abbacinanti, aree di servizio che non arrivano mai, parcheggi improbabili, incidenti sfiorati, vacanze conquistate, un sacco di cose che alla fine forse, chissà, magari l’anno vero è stato questo qui, quello che va da un concessionario a un tagliando di manutenzione.