Asciugando i fazzoletti
Ieri sera, sul tardi, rileggevo i commenti al post di domenica, e ripensavo a qualche messaggio ricevuto nel corso della giornata, e non potevo fare a meno di sorridere considerando quanto ogni giorno ci esercitiamo nelle arti del cinismo e del disincanto, e quanto poco basta per farci aprire le cataratte. Lo scrivo senza alcuna ironia, sia ben chiaro: basta raschiare un poco per trovare ciò di cui tutti siamo fatti – e siamo fatti delle stesse cose, affetti, famiglia, desideri di felicità, la mamma che ti stringe, quattro dita che ti passano tra i capelli. Poi uno diventa berlusconiano e l’altro rimpiange il compagno Stalin, ma in fondo ci assomigliamo tutti ben più di quanto la stupida retorica individualista che affligge i nostri grami tempi ci voglia far credere.
Detto questo, vorrei anche fare un esercizio di onestà. Investire mezz’ora nello scrivere una manciata di righe paracule costa molto meno che investire mezz’ora nel sedersi a fianco della persona corta per fare con lei i compiti delle vacanze. Quel che ho scritto gira tutto intorno all’esserci, e se è vero che ci sono molti modi per esserci, tra quelli che rimangono, tra quelli che lasciano il segno io non credo che “scrivere un bel post” occupi una posizione di rilievo nella lista. A quelli che mi dicono “che bravo papà” rispondo “ma magari”, sapendo che mia figlia può soprattutto contare su una mamma magnifica; e a quelli che mi dicono “vorrei avere un padre capace di dirmi le cose che dici tu a tua figlia” rispondo che io non dico nulla a mia figlia, queste sono cose che si pensano ma non si dicono perchè il ruolo del genitore espone fin troppo spesso al rischio di suonare patetici ed è meglio non aggiungerci il carico da undici.
E infine. Infine le cose stanno così, stanno che finchè le persone corte sono corte è tutto relativamente facile: ieri un amico carissimo mi ha scritto “… quanti errori. E (parlando dei piccoli) sa qual è la cosa che più duole? Che tutti questi errori ci vengono perdonati. Siamo imperfetti, e veniamo adorati”. Già. E’ quando abbiamo a che fare con gli adulti, che le cose diventano difficili; è quando dobbiamo fare i conti con la stanchezza, il dolore, la disillusione, la mancanza di prospettiva, la tristezza, il gusto perverso e masochista di crogiolarsi nei propri guai di un uomo o di una donna – è allora che tutto diventa duro, molto duro: e ancora, però, credo che alla fine ciò che conta sia esserci, in un modo o nell’altro, perchè siamo soli e sperduti solo se vogliamo esserlo.
[Conosco qualcuno che, un po’ per scherzo e un po’ per convinzione, sostiene che il blog sia “il male”; chissà, forse ha ragione. E forse l’inferno non è un posto così brutto, allora]
July 22nd, 2008 at 10:30
Queste sono cose che non si dicono (non ora almeno, ora si fanno).
Ma il link per farlo leggere alla persona corta quando non sarà più tanto corta lo conserva, sì?
O almeno una bozza.
Che, da figlia, io certe cose da mio padre le vorrei aver sentite, o lette, anche se le immagino (ancor più ora che, da vice-madre o quasi, le vivo anche attraverso il consorte).
July 22nd, 2008 at 11:41
Sono dell’idea che sia questo il post da leggere.
Come sempre, non confondere la canzone con il cantante.
July 22nd, 2008 at 12:09
Caro #6, lei ha centrato il punto. Ma va anche detto che ci godiamo il bello delle canzoni senza interessarci più di tanto della biografia del cantante, no?
July 22nd, 2008 at 12:29
Comunque è vero il fatto che è più facile investire 15 minuti per scrivere qualcosa che poi mettersi a fare i compiti con la propria filgia, oppure stare seduti accanto al letto di un malato, però una persona che scrive così probabilmente anche poi aiuta nel fare i compiti la figlia.
July 22nd, 2008 at 13:44
“ieri un amico carissimo mi ha scritto “… quanti errori. E (parlando dei piccoli) sa qual è la cosa che più duole? Che tutti questi errori ci vengono perdonati. Siamo imperfetti, e veniamo adorati”.”
Sir dica al suo amico che non si viene sempre perdonati.
io ho avuto, un rapporto pessimo con mio padre. uno che non parlava, uno che ho visto provare a dire cosa provava solo mentre era travolto dalla separazione da mia madre. un uomo cresciuto a silenzi che non sapeva aprire un dialogo. un uomo che quando mi chiamava la prima cosa che mi chiedeva sempre era ” come sta tua madre”
questo per farvi capire che “esserci” è importante, io sono una grande praticante dell’esserci, ma esserci nel modo giusto è 100mila volte meglio.
e poi io da figlia ormai adulta posso anche capire, intuire, giustificare, mettere tutto in prospettiva, ora. ma da adolescente, quando ne avevo piu’ bisogno, no. e anche ora che magari a volte farebbe piacere un punto di vista maschile sulla vita e sui casini, ecco non ce l’ho.
July 23rd, 2008 at 19:22
Anche solo pensarle certe cose, aiuta a diminuire gli errori, comunque.
Non è pochissimo, no?
July 24th, 2008 at 10:51
ho passato praticamente tutta la mia vita (non molta in realtà: son ventenne) sui libri perchè l’unico momento in cui mio padre parlava senza urlare ed arrabbiarsi era il momento in cui parlava di medicina e (opportunamente istigato dalle domande curiose che ogni bambino ha) di scienza. Devo ammettere che è merito suo se sono arrivata fino al 4° anno di università senza aver voglia di uccidere nessuno. Ma forse è anche demerito suo se, una volta trasferitami da lui, perchè mi aiutasse e mi sostenesse ho usato ogni energia per inseguirlo e supplicarlo di dormire almeno una notte a settimana a casa sua. Ed in questo inseguimento ho perso la passione per la vita e per ogni altra cosa, compresa la medicina che credevo di amare. Per questo le do ragione: il blog è stupendo ed il post anche, come credo che mio padre sia un ottimo medico; ma la professione non fa la persona, purtroppo.
Al di là della cattiva esperienza personale però, credo, sinceramente, che il pensiero faccia la persona e sia suo specchio: i pensieri che spesso leggo qui e che mi regalano il sorriso non sono immagini di un cattivo padre, almeno non pare.
Chiedo scusa, ma mamma e papà mi hanno generata prolissa…;)