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La vita non è quella che si è vissuta, ma quella che si ricorda e come la si ricorda per raccontarla.
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    29/09/2008

    La Signora B.

    Filed under: — JE6 @ 17:52

    Tutti, in quartiere, conoscono la Signora B.; la vedono sfrecciare, ad ogni ora del giorno, sulla sua bicicletta, che va dal palazzo vicino alla piscina comunale al grattacielo alle spalle della chiesa, incessante come un’ape. Come un’ape si porta in giro il suo pungiglione, lei che si è diplomata infermiera più di cinquant’anni fa: non c’è nessuno, tra queste sessanta o settantamila anime che vivono in riva alla città, che sa fare le punture come le sa fare lei. Ha un’agenda fitta come quella del presidente americano, alle sette del mattino il primo appuntamento, alle otto della sera l’ultimo – quando non c’è qualche caso particolare che la fa uscire di casa dopo cena: bambini piccoli, impiegati, casalinghe, pensionati, dirigenti, la Signora B. arriva con il suo sorriso folle e il suo accento cremonese, sbaglia il bottone del citofono, sale al sesto piano e poi scende fino al terzo cercando il nome giusto sulle porte degli appartamenti, chiama tutti “Nani” o “Gioia”, bacia chiunque ma preferibilmente i bambini i quali la guardano mezzi divertiti e mezzi terrorizzati mentre lei gli prende il volto tra le sue mani svelte e carnose e gli stampa le labbra sulla fronte dicendo “questo è il bacio di Gesù”. E’ rimasta vedova sei mesi dopo essersi sposata, il marito è morto in un incidente di caccia quando entrambi avevano poco più di vent’anni – una manciata di pallini di piombo che sono entrati nell’aorta e per tre giorni gli hanno letteralmente spezzato il cuore fino a fargli dire, dopo essersi tolto da solo l’ossigeno, “adesso ho sonno”. Da troppo tempo vive con un altro uomo, uno che non le vuole bene, ed è per quello che lei lavora dodici ore al giorno, lei che ha settantacinque anni: per guadagnarsi i “suoi” soldi, e per starsene il più possibile fuori di casa. La Signora B. sembra pazza, forse un po’ lo è, e spesso mette in imbarazzo noi che giriamo in giacca e cravatta e ce la tiriamo da intellettuali che guardano le serie tv in inglese e sappiamo perchè la borsa va a rotoli: poi chiudiamo la porta mentre lei si infila nell’ascensore, tiriamo una specie di sospiro di sollievo mentre lei inforca la sua bicicletta e va a pungere qualche altro sofferente di sciatica o di ernia, noi con le nostre ansie per il budget da presentare entro una settimana, lei che si riguarda la fede messale al dito da un ragazzo bruno cinquantatre anni fa, leggera sulla bicicletta scassata che le fa portare il suo dolore in giro da una casa all’altra, dando sollievo a chiunque, anche a chi non riesce a capirlo.