Gente come noi
Sono stato a Mauthausen nell’agosto di alcuni anni fa, deviando una vacanza per capire – come io e mia moglie avevamo provato a fare qualche tempo prima a Dachau – come si presentava l’orrore, se faceva spavento anche cinquant’anni dopo essere stato chiuso. L’orrore, quel poco che noi potevamo vedere e intuire, stava lì, sotto il sole dell’estate austriaca, placido. Ricordo le grandi mura di questa specie di castello, le baracche ricostruite, il freddo delle camere a gas, il nero ipnotico delle bocche dei forni, il delirio della scala della morte. Come ci era capitato in Germania, passammo parecchio tempo in silenzio, mentre giravamo per il lager e poi all’uscita, in macchina verso Linz. Io non so se il Giorno della Memoria ha un senso, se serve a qualcosa o meno. Mi illudo che sia così, facendo finta di non sapere che erano uomini come me sia quelli che a Mauthausen morirono, sia quelli che a Mauthausen fecero morire.
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