< City Lights. Kerouac Street, San Francisco.
Siediti e leggi un libro

     

Home
Dichiarazione d'intenti
La vita non è quella che si è vissuta, ma quella che si ricorda e come la si ricorda per raccontarla.
(Gabriel Garcia Marquez)

Talk to me: e-mail

  • Blogroll

  • Download


    "Greetings from"

    NEW!
    Scarica "My Own Private Milano"


    "On The Blog"

    "5 birilli"

    "Post sotto l'albero 2003"

    "Post sotto l'albero 2004"

    "Post sotto l'albero 2005"

    "Post sotto l'albero 2006"

    "Post sotto l'albero 2007"

    "Post sotto l'albero 2008"

    "Post sotto l'albero 2009"

    "Post sotto l'albero 2010"


    scarica Acrobat Reader

    NEW: versioni ebook e mobile!
    Scarica "Post sotto l'albero 2009 versione epub"

    Scarica "Post sotto l'albero 2009 versione mobi"

    Scarica "Post sotto l'albero 2010 versione epub"

    Scarica "Post sotto l'albero 2010 versione mobi"

    Un po' di Copyright Creative Commons License
    Scritti sotto tutela dalla Creative Commons License.

  • Archives:
  • Ultimi Post

  • Madeleine
  • Scommesse, vent’anni dopo
  • “State andando in un bel posto, credimi”
  • Like father like son
  • A ricevimento fattura
  • Gentilezza
  • Il giusto, il nobile, l’utile
  • Mi chiedevo
  • Sapone
  • Di isole e futuro
  • January 2009
    M T W T F S S
     1234
    567891011
    12131415161718
    19202122232425
    262728293031  

     

    Powered by

  • Meta:
  • concept by
    luca-vs-webdesign

     

    18/01/2009

    Il direttore

    Filed under: — JE6 @ 18:27

    Il direttore non suda mai. Né d’inverno, quando il cappotto che lo protegge dal gelo umido di Milano diventa un sarcofago nero nell’aria appiccicosa del vagone della metropolitana, né d’estate quando le vecchie scatole di metallo sferragliano tra Rho e Sesto Marelli come carri bestiame nel Tennessee dell’Ottocento. Il direttore non si siede mai. Entra nel vagone, lo attraversa e trova il suo posto sul lato opposto a quello dell’entrata, dove resta in piedi, dritto come un fuso, fino al momento della discesa. Ogni volta lo guardo con un misto di stupore, ammirazione e invidia. E’ perfetto, ma non lo ostenta: le scarpe lucide ma non a specchio, le pieghe dritte della stiratura, gli abbinamenti opportuni dei colori, la rasatura quotidiana, i capelli della giusta lunghezza, le unghie ben curate. Alle nove del mattino il vagone scoppia di passeggeri, l’uno accatastato sull’altro, ma intorno a lui è come se ci fosse una sottilissima campana di vetro che lo separa dal resto degli umani, quasi che questi non gli si volessero avvicinare troppo per il timore di sporcarlo, di stropicciarlo. Ha sempre con sè un paio di quotidiani e altrettante riviste, ma ogni volta apre la ventiquattrore di cuoio nero con un gesto fluido e sicuro e ne estrae un libro – Roth, Borges, Calvino, Yourcenar. Quando il vagone si ferma per aprire le porte e far salire e scendere le migliaia di persone affannate che questa città vomita ogni due minuti lui alza la testa e si guarda intorno, e si capisce che lo fa con interesse, con partecipazione, come se fosse davvero uno di noi comuni mortali. Riesco a vederlo nel suo ufficio; non dev’essere uno che alza la voce, ma sono certo che lo ascoltano tutti, come si fa con coloro dei quali ci si fida, che hanno autorità perchè sono autorevoli. Chiede per favore, anche se non ne ha bisogno, discute ma non litiga, convince ma non ordina. Cerco di immaginare quale può essere la crepa nella sua vita, perché mi rifiuto di credere che non ne abbia una – la moglie che lo ha lasciato con un biglietto sul tavolo della cucina, la multinazionale dell’editoria per la quale lavora che chiude la filiale italiana, i sintomi precoci di una malattia incurabile, l’innamoramento impossibile per una segretaria di trent’anni, qualsiasi cosa. Ieri mattina, mentre il treno entrava nella stazione di Cordusio e lui si è avvicinato all’uscita chiedendo gentilmente ad una badante moldava “Scusi, scende?”, ho avuto la tentazione di alzarmi, accostarlo e dirgli “Andrà tutto bene”. Non so perché, ma sono certo che avrebbe capito, e che mi avrebbe detto di sì.

    Domenica mattina, poco prima dell’alba

    Filed under: — JE6 @ 09:24

    E’ la mattina di domenica, qualche minuto prima dell’alba. Ti svegli, guardi che ora è, e provi la sensazione dolce e calda che ancora per un po’ non avrai nulla da fare se non restare lì, sdraiato, sotto la coperta, con gli occhi chiusi ad ascoltare il rumore di qualche goccia di pioggia che batte sulle tapparelle abbassate. In quel momento non c’è niente e nessuno, non ci sei nemmeno tu, ed è la migliore sensazione che ti potresti augurare di provare. A quel punto ti riaddormenti, oppure l’accensione del motore di una macchina parcheggiata in strada ti risveglia definitivamente, perchè si sa che non si può aver tutto dalla vita.