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La vita non è quella che si è vissuta, ma quella che si ricorda e come la si ricorda per raccontarla.
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    20/03/2009

    Festa del papà, il giorno dopo

    Filed under: — JE6 @ 08:48

    Io lo so che prima o poi te ne andrai. E’ un pensiero che mi viene, ogni tanto; e negli ultimi tempi mi viene più frequentemente perchè anche se non dimostri la tua età, perchè anche se ogni giorno passi ore e ore con l’allegra banda dei tuoi amici a zappare nell’orto o a sbancare il teatro della parrocchia o a fare la spesa per le due sorelle centenarie, beh, la dannata carta di identità non mente – e l’anno prossimo saranno ottanta.
    Io lo so che prima o poi te ne andrai, e so che non ci potrò fare niente. Mi chiedo come sarà quel momento, se e come e quanto mi sentirò solo, e come cambierà il volto della mamma se avrà la terribile sfortuna di sopravvivere all’uomo che ha amato e con il quale ha trascorso la vita intera. Mi viene una specie di vertigine, sai, quando penso a queste cose, e allora scappo, penso al lavoro, guardo tua nipote, metto su gli AC DC. Perchè poi non sono solo il vuoto dell’assenza o l’orrore della malattia a farmi stare male. Quelle sono cose per le quali non puoi fare nulla, se non stare a guardare e aspettare e aspettare e aspettare – e prima o poi tutto passa, e ti consoli dicendo che non è colpa tua. No, sai, non sono quelle cose lì. Sono piuttosto le azioni non fatte, le parole non dette: perchè quelle sì che dipendono da me. Tutte occasioni buttate via, per pigrizia, vergogna, fretta. Tutte cose che non si recuperano. Sai, c’è tanta gente che rimprovera ai propri genitori di avergli instillato dei sensi di colpa con i quali hanno dovuto convivere per il resto dell’esistenza. Ecco, guarda, io questa cosa non potrei dirla nemmeno se volessi – semplicemente perchè non è vera, e i sensi di colpa che ho, e che soprattutto avrò, sono tutti fondati, giustificati, e creati da me stesso. Ma adesso non importa, davvero; ieri sono stato contento di sentirti, ho fatto tardi e non sono potuto passare di persona a farti gli auguri, ma per una volta al telefono ho parlato con te e non con la mamma – ci siamo detti “buona festa del papà” e poi subito tu mi hai chiesto di tua nipote, di tua nuora, del lavoro,  insomma delle cose e delle persone importanti. Poi, quando ho messo giù la cornetta e mi sono seduto sul divano ho pensato che in quest’ultimo anno, che è stato duro, ma duro davvero, il momento più bello è stato quando tu e la mamma mi avete abbracciato, uno alla volta, e stretto forte come quando ero un bambino, e mi avete detto “noi siamo qui, sempre”, e porcaputtana papà, tu non sai nemmeno quanto ti voglio bene (anche alla mamma, certo: ma la festa, ieri, era per te: come i pensieri), e quanto mi mancherai, e insomma lo so che stai bene e che vivrai ancora dieci o vent’anni, ma non fare cazzate, non te ne andare, che anche se ci parliamo poco io lo che tu ci sei. Sempre.