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    14/04/2010

    Predicare ai convertiti

    Filed under: — JE6 @ 12:01

    Inizio la mattina con una discussione – civile, pacata – con un collega che mi chiede cosa ne penso di questo articolo di Julian Carron che Repubblica ha pubblicato qualche giorno fa. Capisco tutto, gli dico: ne capisco la logica e i fondamenti; ma in uno stato che non sia classificabile come una teocrazia la giustizia non è quella di Dio, e chi non ha fede ha lo stesso diritto di averla, di vederla difesa e fatta rispettare che ha chi quella fede invece la possiede. Le parole di Carron scappano da tutto questo, si dimenticano che la convivenza civile si basa sulla capacità che una comunità ha di trovare i suoi minimi comuni denominatori e di rispettarli: significa giocare al ribasso, forse – ma significa trovare un terreno e una lingua comune, senza i quali non si va da nessuna parte (o meglio: si va ciascuno per la propria strada, finché non tocca entrare in contatto con l’altro, e allora si sguainano le spade).
    Un paio di ore dopo mi imbatto in questo articolo, nel quale Monica Micheli racconta delle peripezie del suo aborto tra ginecologhe empatiche, aspirazioni, pratiche burocratiche, imperscrutabili presenze di obiettori, puerpere, dolori, umiliazioni e tutto ciò che vi troverete dentro, leggendolo. Mi ci imbatto perché viene citato in alcune discussioni su FriendFeed, dove il microcosmo che io frequento – quello che farebbe vincere le elezioni al PD con percentuali che farebbero impallidire Ceausescu, quello che iPad o morte – si attiva in discussioni e frenetici rilanci dell’articolo, fino a trovarsi quasi esausto, nell’arco di un centinaio di minuti, dopo essersi dato ragione in ogni modo possibile su quanto penosa sia l’applicazione della legge sull’interruzione di gravidanza nel nostro paese, con il corollario di norme che tutelano l’obiezione di coscienza disinteressandosi bellamente del diritto di chi vuole esercitare un diritto (passate il gioco di parole) a non essere giudicato per la decisione che prende, quale che questa sia.
    Nel momento in cui mi metto a scrivere, tocco ancora una volta con mano il fatto che nessuno cambia mai davvero idea su nulla che abbia una certa qual importanza. Che troppo spesso, per non dire sempre, predichiamo ai convertiti. Che viviamo in democrazia ma se fosse davvero per noi una sana vecchia teocrazia, o in alternativa una dittatura del giusto non sarebbero da buttar via, anzi. Non c’è nulla di nuovo sotto il sole, insomma: il che a volte è una consolazione, lo so; ma non oggi.

    5 Responses to “Predicare ai convertiti”

    1. Leo Says:

      Sono reduce da un’ora di discussione sull’inserimento dei ragazzi stranieri nelle nostre classi, e da tre ore di discussione coi genitori dei miei allievi. Questo per dire che se da un lato non sono granché lucido – e così finisco per produrre questa sbrodolata -, dall’altro il mio è un lavoro che, come lei ben sa, col parlare e col discutere fa quel che altri fanno col cacciavite o con la chiave inglese. Insomma, è il mio pane quotidiano, il mio unico strumento di lavoro. Ma non è che in questo strumento confidi poi molto, sa. O comunque non mi aspetto che faccia anche quel che non può fare, non più di quanto un idraulico si aspetti di riuscire a installare una scheda video sul suo computer usando la sua chiave inglese.
      Tutte le volte in cui ad essere in gioco era qualcosa di più di una semplice opinione, non ricordo di aver mai visto qualcuno cambiare idea perché convinto da un ragionamento o da delle parole. E la cosa non mi pare affatto strana, anzi.
      Se le parole potessero far cambiare davvero idea, tutti i problemi che abbiamo con i figli sarebbero risolti. E invece: “Te l’ho detto cinquantamila volte!” D’altra parte, se le parole di un Platone non hanno convinto Aristotele, nè Hegel ha cambiato idea dopo aver letto quelle di Kant, non vedo come qualcuno potrebbe – tantomeno dovrebbe! – convincersi ascoltando le mie, sia che si parli di educazione dei figli, o di insegnamento della religione, o di aborto o di preti pedofili o di quel cavolo che sia.
      Che qualcuno possa cambiare idea in seguito a un ragionamento mi è sempre sembrato un mito infondato. Siamo così parolai da aver dimenticato che a far cambiare idea (e, quel che più conta, a far cambiare vita e atteggiamenti) è la realtà, la vita e l’esperienza. Sono disposto a cambiare solo paragonandomi con il reale, abbracciando il reale e imparando dal reale, impegnandomi con la vita così come mi si presenta, senza preconcetti, o perlomeno mettendo i preconcetti fra parentesi, più o meno provvisoriamente. Oppure sono disposto a cambiare per il fascino che mi può suscitare una persona o un gruppo di persone che fa le stesse cose che faccio io, ma con più gusto, e che facendo queste cose è visibilmente più felice e realizzata di quanto non sia io. O ancora sono disposto a cambiare idea e vita e atteggiamenti perl’amore e l’affezione che ho per certe altre persone, per la mia donna o per i miei figli. Ma non riesco a figurarmi di essere disposto a cambiare idea (solo) perché convinto da un ragionamento. Qualora capitasse, significherebbe che non ero per niente convinto della mia idea precedente, o che della questione in realtà non me ne frega un fico secco.
      Per cui: ma sì che si cambia idea anche sulle cose di una certa qual importanza. Solo, lo si fa perché costretti dalla realtà, o per un fascino, o per un’affezione. Per le parole no, non credo. Tantomeno per quelle scambiate su un SN con persone che magari non si sono mai viste in faccia. Del resto, perché si dovrebbe?
      Certo con questo di non averle fatto cambiare idea neanche di un millimetro, ma comunque grato per l’attenzione e il tempo dedicatomi, la saluto con amicizia.

    2. Mirko Bonadei » Blog Archive » Immedesimarsi per 3 secondi – Mirko Bonadei’s Blog Says:

      […] di oggi (ieri oramai, 1.10 a.m.), grazie al Blog di Simone, il quale lo aveva letto tramite quello di Squonk. Due bei post che fanno riflettere, e che parlano anche di altro, di un altro argomento sul quale […]

    3. Sir Squonk Says:

      Leo, è probabilmente così. Però questo significa che le nostre opportunità di cambiare opinione su qualcosa sono drammaticamente poche, perché la quantità di esperienze reali che possiamo fare o con le quali possiamo venire a contatto è, di fatto, molto limitata. Sul “del resto, perché si dovrebbe” beh, mi verrebbe da dire “perché è giusto darsene la possibilità”. Pare banale, forse lo è.

    4. Leo Says:

      Le esperienze sono limitate, ma ci sono i rapporti, ci sono le persone per cui ho un’affezione. A partire da questi rapporti posso cambiare idea. Non per quel che Tizio mi dice, ma perché a dirmelo è Tizio. E grazie a Tizio vengo a conoscenza di cose di cui non ho avuto esperienza diretta, e posso cambiare idea pur non avendo fatto direttamente esperienze che mi abbiano mostrato che mi sbagliavo. Posso cambiare idea perché ho delle ragioni per fidarmi di Tizio. Ora, tornando ai SN, per me non è la stessa cosa leggere l’intervento di una persona che ho avuto modo di conoscere e della quale ho ragioni per fidarmi, e leggere l’intervento di un pinco pallo che sarà pure conosciuto su FFeed, ma col quale non ho mai neppure bevuto un crodino caldo. La mia disponibilità ad accettare il punto di vista dell’altro può essere, deve essere uguale, ma la possibilità che arrivi a cambiare idea è, nei due casi, molto, molto diversa.

    5. Il collega Says:

      Forse, e dico, forse, è il caso che tutti noi ci leggiamo in santa pace e decoroso silenzio (così da ragionarci un pò) questo libro:
      “La Leggenda del Grande Inquisitore”. Poi ditemi riguardo al “minimo comun denominatore”…

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