On writing
Non ho mai creduto a quelli che dicono “scrivo per me stesso”. Tanto meno a quelli che lo dicono, e poi tengono un blog, pubblicano un libro, rilasciano interviste.
Si scrive sempre per qualcuno. A volte capita addirittura di scrivere con qualcuno. Comunque, mettersi alla tastiera è come parlare a una persona, vedersela di fronte, cercare le parole per dirle quel che ci gira per la testa. “Raccontami una storia” – “Sì, eccola”. Si parte con quello e per quello. C’è chi riesce ad avere un interlocutore concreto ma immaginario, e con questo dialoga, e a lui parla e racconta. C’è chi invece lo fa con un soggetto preciso, una persona fisica in carne e ossa – non importa poi se quella sia presente o meno, quel che conta è saperla e sentirla vicina: e allora per lei fai tutto, butti fuori, scrivi, come raccontare una favola a tuo figlio. Ci vuole fortuna, perché le cose della vita le persone te le portano via, per scelta o per necessità o per caso, e allora ti ritrovi lì, con un pugno di parole in testa e nessuno a cui valga la pena dirle, pronte solo per il cassetto dei ricordi – o quello dei rimpianti.