Il primo giorno di nebbia
L’uomo saluta il meccanico, ci vediamo tra un’ora, sì tra un’ora dovrebbe essere pronta, e si incammina sul marciapiede. Sono le dieci di una mattina qualunque, la statale che esce dalla città e attraversa una fila di paesi fitta come la collana di perline di plastica che sua nipote ha confezionato all’asilo è bloccata da un incidente, e per un breve tratto l’asfalto si svuota e scende una specie di silenzio con il quale nessuno sa come avere a che fare. L’uomo attraversa il piccolo parco, al primo incrocio si ferma a guardare una classe di bambini che si tengono per mano a due a due, in attesa di salire su un pullman che li porterà all’acquario o al museo di storia naturale, le cartelle più grandi di loro e i giubbotti gonfi dell’ansia delle madri per il primo freddo, poi prende una strada secondaria, guarda la metropoli sciogliersi in vecchie case che un tempo ospitavano famiglie fatte da molti figli e nonni vecchissimi e qualche zia vedova, case che non hanno giardini curati da avventizi peruviani ma fazzoletti di orto nei quali crescono verdure grigie e rachitiche, osserva le ragnatele ancora pesanti di rugiada mentre in lontananza il raccordo autostradale continua a pompare traffico dalla provincia verso la città. La macchia colorata di giallo e blu della tuta di un ciclista attraversa la via. L’uomo cede il passo a una signora molto anziana che si trascina un carrello della spesa, e due muratori che si dirigono verso un cantiere vicino, entra in un bar che un tempo frequentava più spesso, si guarda intorno senza riconoscere nessuno, ordina un caffè, sfoglia un giornale, controlla le ore. Esce dal bar, lentamente si incammina verso l’officina dove, quando arriva, il meccanico lo saluta dicendogli che le chiavi sono appoggiate sul sedile, non c’è stato bisogno di fare quel lavoro ma ripassa tra diecimila chilometri, va bene allora ci vediamo a gennaio, febbraio al massimo, io sono sempre qui, sono ventun anni che sono qui, lo so, quando ne fai venticinque ti offro da bere. L’uomo sale in macchina, il meccanico si avvicina al finestrino guardando la statale che torna a riempirsi di traffico, mi sa che hanno liberato la rotonda del centro commerciale, credo anch’io risponde l’uomo, succede sempre così, così come, così, il primo giorno di nebbia, come il primo giorno di pioggia forte, la gente non sa più guidare, hai ragione, bon, vado, ci vediamo, a presto, a presto e ricordati che mi devi offrire da bere.