Pardon the interruption
Il lungomare di Pesaro alle tre del pomeriggio è una striscia di ragazzi che si schizzano l’acqua intorno alla palla di metallo di Pomodoro, una giostra per bambini ferma in attesa delle babysitter, un cane che corre. Salutiamo il cliente, ci attacchiamo ai telefoni, rispondiamo alle mail, scusa puoi ripetere. Ci fermiamo per tre, quattro minuti su una panchina, io non mi siedo nemmeno, ci sono altre tre ore abbondanti di macchina per tornare prima in ufficio e poi a casa, preferisco stare in piedi. Una signora anziana ci guarda come se fossimo alieni, come se fossimo più alieni noi dei due ragazzi che stanno dormendo incastrati sopra i tetti degli spogliatoi che fanno da divisorio tra la spiaggia e il marciapiede, incrociamo gli sguardi e le vorrei dire scusi il disturbo, adesso ce ne andiamo così lei rimarrà tranquilla a godersi il sole e il caldo e non dovrà restare qui a sentire i nostri discorsi da dementi, gli affanni, le corse da cittadini del terziario avanzato, e poi lo sappiamo anche noi che agli altri i nostri problemi mica interessano, una volta ti stanno ad ascoltare, anche due, forse tre, poi è meglio lasciar perdere, scusi ancora signora, ho bisogno di ricaricare il telefono mi dice, il cavetto usalo tu adesso, quando ci fermiamo a far gasolio ci diamo il cambio.