Faccio cose, vedo gente
Parto almeno un’ora in anticipo, che tanto svegliarsi presto non è mai stato un problema, per tenermi la stessa ora libera, prima dell’appuntamento. Passo il traffico di Cormano e di Sesto, ascolto Massimo Teodori tradurre “the dream” come “il dramma”, guardo i vigneti del veronese, rallento sul più bel chilometro di autostrada italiana (quello dove si costeggia l’Adige all’altezza di Rovereto), e seguo per la Strada del Vino. Parcheggio ad Appiano, faccio quattro passi, mi siedo all’aperto per mangiare uno strudel e mi rendo conto che anche questi posti, dove ho trascorso uno degli anni più felici della mia vita, sono cambiati perchè questa keller è gestita da cinesi che tra loro si parlano in lingua natia, a me si rivolgono in un italiano stentato come quello del commilitone al quale dovevamo tradurre gli ordini dei caporali istruttori e alle signore del tavolo vicino in un tedesco improbabile tanto quanto il mio – e lo strudel, beh, insomma. Torno al parcheggio, i bambini della scuola elementare sono tutti all’aperto a godersi l’intervallo e i colori degli alberi e il sole, un nonno con il solito grembiule blu si ferma al cancello e la nipote gli corre incontro per salutarlo mentre le maestre chiacchierano tra loro. Mi siedo su una panchina, scrivo due mail, mi faccio dare del Nanni Moretti, rispondo alla telefonata di una cliente che sembra sull’orlo di una crisi di nervi – quando ci vediamo ti racconto, va bene ti racconterò anch’io. Vado a trovare il mio cliente che sta preparando i prezzi di trentamila prodotti (trentamila? stai scherzando, vero? magari, sospira lui). Sono di fretta, devo essere a Milano entro le cinque, ci salutiamo, ti passo tutto la prossima settimana, sbaglio l’ingresso in una rotonda, rifaccio il giro della zona industriale sud di Bolzano, si scarica il condizionatore della macchina, cerco uova e speck e tutto ciò che trovo è una bruschetta – ma come, cazzo, una bruschetta sulla Weinstrasse, perdio – mi butto ancora in autostrada, all’uscita di Ala Avio mi viene in mente Riva del Garda e il viaggio di ritorno fatto sotto un cielo uguale a quello di oggi, rivedo i vigneti tra Verona e Sommacampagna, faccio coda sulla tangenziale nord, riesco ad arrivare in ufficio con venti minuti di anticipo su seicentoquaranta chilometri di strada – “l’avvocato è rimasto a Roma, ci vediamo noi tra venti minuti”. Per bere, bevo; forse dovrei iniziare a fumare, non so.