(S)Brico
Li guardo sempre con invidia, come mi capita di fare con quelli che in pieno luglio viaggiano nella metropolitana di Milano, il nodo della cravatta ben stretto, la camicia stirata e la fronte asciutta anche dopo un’intera, lunga giornata di lavoro. Osservo le loro mani muoversi sicure, propaggini di veri esemplari di homo faber, capaci di impugnare strumenti e utensili e – soprattutto – consapevoli delle loro azioni, avviti A, stringi B, incastri C, e il risultato finale è inevitabilmente quello previsto e richiesto, una libreria dritta e solida, le catene per la neve strette e sicure, la parete tinteggiata senza sbavature. Sono quelli che sanno montare una tenda, accendere un fuoco, smontare e rimontare un sifone senza trovarsi attoniti a guardare una rondella raminga, riconoscere un sentiero nel bosco – sono quelli che sanno fare. Mentre li osservo, penso che io sono la dimostrazione vivente che Carletto Darwin ci aveva azzeccato con la storia della selezione naturale ma non aveva tenuto conto sia dell’infinita capacità di adattamento al ribasso degli esseri viventi, sia del denaro che ti può comprare le capacità che tu non hai – basta pagare e qualcuno che usa il cacciavite al tuo posto lo trovi sempre, dev’essere per quello che la qualità della razza umana si è tanto abbassata.