Fuoco amico
Ieri sera sono andato a fare un giro alla Festa Democratica di Milano. Civati avrebbe dovuto presentare il suo libro. Ha parlato un’ora, dedicando due minuti a Berlusconi e cinque a Formigoni (forse meno); il resto a sparare su Bersani e Franceschini – quando dici il nuovo che avanza.
Ho scritto queste due righe come le si scrive sui social network, di fretta e puntando all’effetto immediato. Però, tornando a casa, ci ho pensato sopra un po’, cercando di capire cosa c’era che non andava in quel che avevo visto e sentito, ma non so se mi sono davvero chiarito le idee. Ho letto le tre mozioni, ho ascoltato dibattiti, ho letto interviste e post, e quel che mi rimane di questa Estate Democratica è la sensazione shakespeariana del tanto rumore per nulla: i due candidati che ce la possono davvero fare non sembrano essere dei fulmini di guerra capaci di rivoltare il PD come un calzino rendendolo qualcosa degno di un’emozione e di un impegno concreto; il terzo candidato, quello che c’è per soddisfare l’idea di esserci, nulla può fare se non sparare raffiche di fuoco amico per provare a convincere almeno cinque elettori ogni cento di essere meglio “di quei due là”. Io continuo a pensare che fra i tre uno che merita un po’ più di fiducia c’è, anche se come troppo spesso capita buona parte della compagnia di giro che lo circonda e sostiene è capace di smorzare anche i più fervidi entusiasmi; nonostante questo, lo preferisco di gran lunga a chi si è dato come orizzonte quello del proprio orticello, perché si sa: dagli amici mi guardi Iddio, che dai nemici mi guardo io.