Ci vediamo di là
Qualche sera fa ho salutato questo vecchio amico che sta per partire, mandato a lavorare negli Stati Uniti per qualche anno – lui che mi augurava buon viaggio per Shanghai, io che consultando mentalmente l’agenda gli dicevo ok, allora ci vediamo ad Ann Arbor tra un mesetto, ed entrambi avevamo nella voce solo un filo di sorpresa, come se nel tempo ci fossimo abituati all’idea che questo muoversi da una parte all’altra del mondo (e nel suo caso addirittura cambiare completamente vita) e trovarsi agli antipodi per andare a cena sia una cosa non troppo lontana dal normale – poi parlo al telefono con mia madre, la figlia della donna vestita di nero che si fermò allibita davanti a una scala mobile chiedendo cosa mai fosse quella biscia di metallo che usciva dal pavimento, la donna che ogni settimana mi chiede sei a Milano in questi giorni e dice ossignore ogni volta che le rispondo elencandole il viaggio dell’indomani, e allora mi rendo conto che no, che ci vorrà ancora un po’ prima che tutto questo sia davvero normale al punto da non parlarne nemmeno più.