Quelli che
Quelli che stanno murati in casa, quelle che vogliono partorire anzitempo, quelli che scappano, quelli che hanno paura. Molto belle le righe scritte da Selvaggia Lucarelli sugli iracheni che aspettano la guerra (a dimostrazione che le persone intelligenti e sensibili sanno far ridere, piangere e pensare, e, insomma, ti lasciano sempre dentro un che di buono). Ieri sera, prima di addormentarmi, ho pensato a qualcosa che assomigliava ad una preghiera, per questi uomini, donne e bambini in attesa della morte. Suona patetico, lo so. So anche che forse è più facile essere in questo stato d’animo, quando nella camera a fianco dorme tranquilla una bambina di due anni. Poi, monta una rabbia sorda. Si dice che questa guerra serve a liberare l’Iraq, la sua gente (quelli che), dal dittatore. E sia, sembra giusto. Ma il prezzo di questa liberazione è la morte di coloro che dovrebbero essere liberati? La storia è piena di colpi di stato, di assassinii di presidenti e ministri, di operazioni condotte nell’ombra che non hanno comportato l’uccisione di decine di migliaia di persone innocenti, per le quali morire per mano del loro presidente o a causa di un missile lanciato da una nave non fa certo differenza. Davvero questa volta non si poteva fare niente di simile?
20/03/2003
Queste sì che sono buone notizie
I rifugiati potrebbero essere due milioni (grosso modo, Milano e Torino messe insieme, per intenderci), e Al Qaeda attaccherà quasi certamente. Mica male.