Greetings from Chicago – 10. A night at the opera
Avete presente quei sogni piccoli, che vi accompagnano per una vita nella quasi totale certezza che non verranno mai realizzati; chi non ne ha almeno una dozzina. Poi a volte capita che si avverano, e non importa il piede che non riesci più nemmeno ad appoggiare per terra e sir, at the street junction turn right and then it’s two blocks ahead, hai un sogno in meno ed un ricordo in più. Così questa sera, grazie alla bontà della concierge brasiliana che si è attaccata al telefono per venti minuti abbondanti per trovarmi il biglietto, ho preso il 20 Westbound e sono andato allo United Center, a vedere Chicago Bulls-Washington Wizards: una partita NBA, anche se di pre-season – ecco il piccolo sogno. E insomma, ne è valsa la pena, e alla fine la partita, gli assist, gli alley-hoop, i fader, i three-pointers sono la cosa meno importante e divertente: per tre ore lo spettacolo non si ferma mai, il toro volante che sorvola gli spettatori (e un po’ ricorda il maiale dei Pink Floyd), le cheerleaders, le coppie inquadrate dalla Kiss Cam che si baciano sulle note di I Was Made For Lovin’ You, le decine di t-shirts paracadutate dal cielo su quelle di You Shook Me All Night Long, la mascotte Benny, l’inno cantato al buio da diecimila persone (and now please stand up and sing, ’cause we are in America), il signore elegantissimo in doppio petto gessato con pochette bianca, i fuochi d’artificio – giuro – per l’entrata in campo della squadra di casa, i quattro marines con la bandiera, i ragazzini che si fanno firmare gli autografi. E’ tutto un lungo, rilassatissimo, divertito gioco, ridono tutti e sono contagiosi, hanno tutti undici anni e sono contagiosi e la pubblicità che dice I love this game a noi sembra falsa perchè siamo cresciuti male a Totti-Maldini-Del Piero-Sacchi-Lippi-Capello, invece per loro è vera: infatti loro ridono, e noi abbiamo i musi lunghi e Controcampo.
October 17th, 2007 at 09:01
Roma, dieci giorni fa… Boston Celtics e Toronto Raptors entrano in campo e si apprestano a sentire l’inno USA schierati a metà campo. Sconcerto tra gli americani quando – invece dell’inno stelle e strisce – arriva Ualter Veltroni che premia un pinco pallo di passaggio.
October 17th, 2007 at 09:36
Ehm… sinceramente sono contento di essere cresciuto male! 😉 (In un mondo senza cheerleader, intendo. Ma temo che ormai siano arrivate anche da noi, o sbaglio?)
October 17th, 2007 at 12:56
“E’ tutto un lungo, rilassatissimo, divertito gioco, ridono tutti e sono contagiosi, hanno tutti undici anni e sono contagiosi”
Dopo Zoff, Bergomi, Cabrini, Gentile… ho detto basta. Bello sapere che esiste ancora qualcosa, una passione o una sensazione, che due opposte tifoserie possono condividere. Senza distruggere o distruggersi. Grazie Sir.