Greetings from Chicago – 12. Bellezze
Servono undici dollari per prendere un ascensore che va a venti miglia orarie e ti scaraventa a trecento metri di altezza in pochi secondi: e da lì, dalla cima del John Hancock Building, guardandoti intorno non sai se essere più impressionato dai prodigi dell’uomo che ha creato questa magnificenza architettonica [1] o da quelli della natura che ha creato questo lago pazzesco, lungo 500 chilometri e largo 190, dove sono affondate più navi che nel triangolo delle Bermuda. Dopo un po’, la vista è persino eccessiva, ti perdi, passi dalla Tribune Tower al Merchandise Mart, da Gary che sta nell’Indiana a Evanston che sta a qualche decina di chilometri a nord nell’Illinois, dalla Sears Tower [2] alle spiagge di Oak Street, e continui a girare da nord a est e poi a sud e poi a ovest per riprendere il giro e riprendere a fare “ooh”. Ti consoli un po’ vedendo che anche qui a smog sono messi maluccio, e d’altra parte cosa puoi pretendere da nove milioni di persone che si muovono ogni santo giorno dalle villette monofamiliari di Oak Park e Elmhurst ai grattacieli di Madison e State – che è un po’ come spostarsi dalla pianura alla montagna, a ben vedere.
[1] Chicago è la prova provata che la bellezza può essere creata in qualunque modo e con qualunque strumento, con le case basse circondate da un piccolo giardino e con questi grattacieli spettacolari e bellissimi: è che bisogna avere gusto, e mi sa che noi siamo rimasti fermi al Cinquecento.
[2] Che è ancora più alta, di circa un centinaio di metri; ci sono stato cinque anni fa, sempre in questa stagione, e la punta del grattacielo era immersa in una specie di nebbia che faceva solo intuire l’esistenza di una megalopoli ai suoi piedi.
October 17th, 2007 at 22:42
In cima c’è un ristorante molto scenic dove portare la selvaggina e un bar perfetto per sderenarsi di martini cocktail. Il mio fegato ancora ringrazia.
October 17th, 2007 at 22:55
Se non sbaglio ero stato sulla Sears Tower e il panorama era anche li’ bello assai.
Riguardo alla nota2, tocca dire che, alla faccia del mito del paesaggio italiano, noi negli ultimi 30 anni ci siamo perlopiu’ dedicati a massacrarlo, il nostro paesaggio (sub)urbano, e ci vorranno generazioni per mettere a posto il disastro.
October 21st, 2007 at 18:18
Noi ci siamo rifiutati di salire perché all’ora dell’aperitivo erano obbligatorie DUE consumazioni. In realtà è stata una mia scena isterica e me ne sono molto pentita.