Greetings from Chicago – 13. Cinque giorni di solitudine
La bellezza del viaggiare da soli sta nel poter andare a far colazione in una bettola, decidere di fare una deviazione al Navy Pier e lì fermarsi a guardare una scolaresca di bambini di colore, le femmine con le treccine di perle bianche e rosse, i maschi con l’andatura saltellante di un running back, comprare una birra servita nel bicchiere di plastica e portarsela in giro per poi appoggiarsi ad un palo della luce perchè in quel momento gli altoparlanti passano A Horse With No Name che saranno vent’anni che non la senti, schiantarsi su una panchina vista skyline per farsi un impacco di ghiaccio al piede e salire su un improbabile trabiccolo che ti porta alla sopraelevata che finalmente adesso che stai partendo hai capito che ci sono tre fermate che portano tutte lo stesso nome perchè stanno tutte sulla stessa via che è lunga come la statale del Sempione; e il tutto senza dover rendere conto a nessuno.
October 18th, 2007 at 10:50
leggo i greetings con vivo gusto e mi dico: mestiere usurante, mmh?
Mi muovo a compassione: qualora dovessere provare nostalgia per questo viaggio a Chicago, mi chiami pure.
Apoggerò la cornetta al vecchio magnetofono e le farò ascoltare A horse with no name insieme a tutti gli altri greatest hits degli America (ho un nastrone, sa)
October 18th, 2007 at 13:23
La invidio come sempre. Lei che se lo vive tutto, il pianeta, senza che il pianeta se ne accorga.