And… we’re back! (PslA strikes again, 2009 version: “Hop Hop Hop”)
Ogni tanto penso che diventiamo adulti solo per per poter giocare seriamente, perché c’è un gusto tutto particolare nel fare i cialtroni in giacca e cravatta. E’ per quello che ogni anno inizia un minuetto fatto di inviti, di solleciti, di sms, di autocandidature, di c’è-ancora-posto e quando-è-la-scadenza-per-la-consegna, di suppliche e lamentele e tutto il resto: per mettere insieme questa cosa che – forse – avrete il coraggio e la tempra di leggere fino in fondo. E’ un lavoraccio, che però vale la pena fare, vale la pena mettere in piedi un teatrino che coinvolge decine di trenta-quaranta-cinquantenni se in una sera di dicembre arriva una mail che dice “grazie per avermi fatto scrivere dopo dieci anni”. Il PslA è un regalo di regali, si fa il proprio e se ne ricevono molti altri in cambio: quando lo si riceve si sorride, si fa un inchino, gli si dà un’occhiata: a volte lo si legge, a volte no, a volte lo si ricicla e lo si fa avere al vicino noioso o all’amica con la quale si vuole fare bella figura. Il PslA ha una sola, vera, grande dote: è gratuito; e in tempi di crisi, buttala via.
E’ passato un altro anno, ma i motivi per cui voglio bene al Post sotto l’Albero non sono cambiati. Così li riprendo dal post dell’anno scorso, aggiungendo qualcosa:
Mi piace perché è una piccola tradizione; quando è nato un blog lo avevamo in cento, adesso siamo ancora in cento perché tutti gli altri sono passati ai socialcosi. Siamo quelli che scrivono più di 140 caratteri, e sembriamo una setta di massoni ottocenteschi: insomma, siamo diventati vintage in sei anni.
Mi piace perché è una cosa seria fatta per gioco.
Mi piace perché è un gioco fatto seriamente.
Mi piace per quello che gli sta dietro, gli inviti che partono quando in Sicilia si fa ancora il bagno in mare, le prese in giro, i solleciti accorati, le contrattazioni sulle date di consegna, i “c’è ancora posto?” e i “ma non c’era un’altra settimana di tempo?”, le mail di accompagnamento che dovrebbero essere pubblicate per quanto sono belle ma in fondo è meglio che restino così, private.
Mi piace perché è cocciutamente artigianale, con la sua copertina a base di clip art di Word, i suoi refusi, la sua impaginazione arbitraria e incerta.
Mi piace perché non è una cosa mia, ma di tanti, e questo mi fa ricordare quando qui scrivevamo non per metterci in mostra cercando un lavoro o una vetrina o un quarto d’ora di celebrità , ma per l’urgenza e il divertimento e il piacere di farlo – e mi piace illudermi che almeno una volta all’anno questo sia ancora possibile.
Mi piace perché c’è gente, e non poca, che racconta un pezzo di sè. E lo fa senza recitare, senza romanzare, cercando con impegno le parole giuste. Trovandole.
Mi piace perché non ha pretese.
Anche l’anno scorso ho scritto “non so davvero se ce ne sarà un altro”. Lo riscrivo, e non per vezzo, ma perché ogni anno cresce la sensazione del tirare la corda che fa da confine sottile tra divertimento cialtrone e molestia ridicola. Per quest’anno è andata, e all’anno prossimo ci penseremo a tempo debito. Intanto, grazie a tutti.
[Il PslA 2009 lo trovate qui]