Imperdonabile
Mia nonna diceva che solo chi non fa non sbaglia. Lo dicono tutte le nonne, credo. Non c’era indulgenza in quella frase: solo il semplice, necessario farsi una ragione del non essere perfetti – lei, io, tu, chiunque. No, non c’era indulgenza, mia nonna aveva passato una vita abbastanza difficile da togliergliela quasi del tutto. Buonsenso, empatia, compassione, anche se lei non avrebbe mai usato parole del genere, perché possedeva il vocabolario limitato di una donna analfabeta cresciuta nella Sardegna nuragica del primo Novecento. Io sono abbastanza convinto che mia nonna non avrebbe mai, mai pensato che l’errore di un impiegato di una scuola al quale salta il nome di un ragazzo nella compilazione dell’elenco dei promossi fosse imperdonabile perché avrebbe trovato quel giudizio sbagliato, perché avrebbe pensato – anche se con le sole cinquanta o cento parole del suo vocabolario limitato – che un’azione non devi considerarla solo alla luce di quanto produce come conseguenza, ma devi cercare di giudicarla in sé. Io credo che mia nonna avrebbe pensato questo, e io – il nipote laureato che legge e viaggia e ha una cultura – sarei stato d’accordo con lei.