Vino
Attraverso il parcheggio. Sono le due del pomeriggio e se non fosse per i palazzi, per l’ipermercato, per la vecchia fabbrica riadattata a uffici, loft e appartamenti su misura di noi gente del terziario avanzato potresti guardare in alto e vedere il cielo azzurro come capita di rado da queste parti, e credere di essere al mare, o seduto sugli sgabelli di un’osteria delle colline di un qualche Appennino. C’è un odore strano in giro. Vino. C’è un gruppo di uomini che passano il loro tempo in questo parcheggio, seduti con le spalle attaccate agli alberi che noi malediciamo perché le foglie colano un milione di goccioline appiccicose che impiastrano i parabrezza. Non fanno niente, parlano e bevono il vino da due soldi che comprano all’Esselunga, trenta metri più in là, giusto dall’altra parte della strada. Ogni tanto ti si avvicinano, sono le otto di sera e tu stai entrando in macchina per tornare a casa, ne senti l’alito a distanza o forse è solo la suggestione di quelle bottiglie vuote abbandonate in terra che ormai fanno parte dell’arredo urbano, non si capisce mai cosa vogliono, se chiederti soldi o fare due chiacchiere, a volte si limitano ad alzare la mano e salutarti con una risata sghemba e sdentata. Ci sono giorni che mi chiedo come ci vedono, cosa gli sembriamo, forse alieni come loro paiono a noi, che non odoriamo di sudore e vino ma di deodorante roll-on e ammorbidenti esotici, in fondo è sempre questione di punti di vista.