Loan Office
Non ho mai avuto paura, negli Stati Uniti. All’una di notte a Hell’s Kitchen, alle tre del mattino tra gli ubriachi di Bourbon Street a New Orleans, su un autobus a Orlando dove ero l’unico bianco e tutti mi guardavano con un’espressione che suonava come “e tu che cazzo ci fai qui, ce lo vuoi spiegare?”. Non che sia un cuor di leone, sia chiaro. E nemmeno sono andato a fare l’eroe, i tre esempi che ho fatto – i primi che mi sono venuti in mente – non sono certo “ero a Kandahar su un blindato che passava in una zona minata”. Voglio solo dire quel che ho detto, che pur essendomi trovato in posti e situazioni non esattamente da turista non ho mai avvertito una sensazione di pericolo: è un campione statistico irrilevante il mio, fatto da una decina di anni di viaggi di lavoro, e non lo voglio vendere per altro che questo. C’è stato solo un momento nel quale ho sentito un brivido, non saprei dire bene di cosa – camminavo lungo Auburn Avenue ad Atlanta, andavo verso la casa natale di Martin Luther King, avevo appena passato la traversa dove all’epoca stava la palazzina dell’YMCA, ho voltato la faccia verso destra e ho visto una grande insegna che diceva Loan Office, ho attraversato la strada e all’angolo di Edgewood mi sono trovato di fronte a una vetrina che ricordo lunghissima, quindici metri almeno, ed era piena di armi. Piena. Armi di ogni tipo, io non sono un esperto ma c’erano pistole, fucili, mitra. Tutti belli lustri, con il loro cartellino del prezzo, questa è un’offerta, questo viene via con niente. Erano belle – non c’è niente da fare, le armi sono belle in sè, come oggetti; ma io non avevo mai visto tanta potenza di fuoco tutta insieme, nemmeno nell’armeria del Secondo Gruppo Squadroni Savoia Cavalleria, e ricordo di essere rimasto lì per qualche minuto, sul marciapiede, a guardare come se quella fosse la vetrina di Princi, senza capirci nulla. La casa di MLK, e la chiesa dove predicava, e il World Peace Rose Garden stavano tutti a cinque minuti di distanza.