Happy hour
Il locale inizia ad affollarsi, la gente riempie gli attaccapanni e poi le sedie, appoggiando cappotti e piumini. A guardarlo da fuori, questo gruppo di persone sembra un esercito in ritirata, le stesse facce anodine sulle quali il pensiero dei giorni che ancora mancano a Natale fa scomparire il sollievo del ritorno a casa, del divano sul quale stendersi, del telefono spento. Si formano i capannelli, lo sai che X è incinta, resti a casa per le feste, dopo dieci minuti almeno la metà dei presenti sta nuovamente parlando di lavoro, forse perché questa è l’unica cosa che hanno in comune anche se tanto spesso non si può dire che li unisce, anzi. Qualcuno controlla la posta. Un gruppo si sposta all’aperto a fumare. Ci sono degli abbracci, i contratti in scadenza che non vengono rinnovati, dead men walking. A che ora è la partita, sabato? Dodici e mezza, non riesco ad andare allo stadio. Dopo un paio d’ore il locale si svuota, facendo spazio ai clienti soliti. Sei in ufficio domani, no, forse venerdì, beh gli auguri facciamoceli adesso per sicurezza, ciao, buon Natale, buon Natale anche a te.