Pare che il mezzo flop di audience registrato da Porta a Porta “Grandi Opere”, starring Silvio Berlusconi, abbia suscitato dibattiti e ponderose riflessioni sul tema “Gli italiani sono stanchi dei monologhi in tv”: ieri Concita De Gregorio su Repubblica, oggi Dario Di Vico sul Corriere (quello di carta, in prima pagina).
Io, qualche dubbio ce l’ho. Per capirci: l’altra sera mi sono trovato per due volte nella stessa serata a incrociare Ballarò. La prima volta, ho sentito il Lider Maximo D’Alema dire al Ministvo Tvemonti “Dopo una giornata nella quale è morta tanta gente, la prego di risparmiarci le sue battute del cavolo”. La seconda volta, un’oretta dopo, ho sentito il Ministvo dire al Lider “Lei sta diventando arteriosclerotico”.
Non so cosa i due si siano detti, durante l’ora che ho dedicato all’esplorazione degli altri canali disponibili, ma se tanto mi dà tanto, non faccio fatica ad immaginarlo. E questo è ormai, con pochissime eccezioni (“L’infedele” di Lerner, e spesso “Otto e mezzo” di Ferrara/Palombelli), lo standard del dialogo politico televisivo italiano.
A costo di suonare qualunquista (nonchè terzista), tra il monologo-spot del Cavaliere della Brianza ed il duello a colpi di “zitto, pirla”, il sottoscritto preferisce passare una tranquilla oretta su SportItalia: a volte passano il tennis femminile senza commenti, ci si gode lo spettacolo e si riposano le orecchie. Dopo una giornata di lavoro, una mano santa.