E’ raro che passi nella sala dei biliardi. Il Giovanni è uno di quelli che arriva alle tre del pomeriggio, grazie ad una pensione concessa troppo presto e con troppa benevolenza, per mettere subito le gambe sotto il tavolo del ramino.
Da lì si alza a sera, con la camicia stropicciata, il nodo della cravatta allentato, gli occhi rossi per le mille sigarette, le dita coperte di nicotina e della tipica patina untuosa delle Dal Negro passate di mano in mano per ore e ore.
A volte, ma non più di una per pomeriggio, si alza per andare a pisciare dietro quella porta sulla quale sta una targhetta che, involontariamente ironica, recita “servizi igienici”. Si sgranchisce le gambe, butta l’occhio sul tavolo dove corrono le biglie e cadono i birilli. Ci vede ma non ci guarda. Noi ricambiamo, chè in una garuffa con taglio a tenere c’è – per noi – un’arte che gente come lui non sarà mai in grado di capire.
Marmoreo, il Giovanni se ne torna al suo tavolo, a far girare le carte, a farsi cadere la cenere sui pantaloni, a perdere implacabile la sua pensione e chissà dove cazzo li trova i soldi per arrivare alla fine del mese, se ne torna alla sua vita per noi insensata ed inutile.
A sera, ognuno se ne torna a casa propria. Noi, il Giovanni ce lo immaginiamo seduto davanti ad un piatto di pasta, in silenzio, chiuso a pensare a quando avrebbe dovuto tirare su il cinque di cuori e calare subito il tris e non l’ha fatto e vaffanculo quanti soldi ho perso, mentre la moglie accende la piccola televisione della cucina ed inizia, come ogni sera, a pensare a quanto le piacerebbe farsi scopare da uno, uno qualsiasi, uno purchessia degli attori di “Un posto al sole”.