Primo giorno di scuola
Tra poco, mia figlia inizierà la scuola materna. “Tra poco” significa novanta minuti, più o meno. Sarò lì, insieme a mia moglie. Credo di essere decisamente più agitato di lei.
Primo giorno di scuola – Reprise
L’allegra famigliola si appropinqua all’entrata della scuola materna. Un certo numero di minorenni è già in attesa, davanti ai cancelli chiusi dell’edificio.
Il padre, in palese stato di agitazione ed emozione, si accoccola davanti alla figlia, elegante e vanesia come suo solito. Le chiede “Sei agitata?”, senza considerare che i treenni, grazieadio, non sono ancora stressati come gli adulti. Se ne parlerà tra un paio d’anni, forse.
La bambina lo guarda serena, e gli dice “No”, sottintendendo chiaramente “mah, papà è un po’ strano”.
Dieci secondi dopo suona la campanella. La campanella! Mentre nel padre (e, in misura minore, anche nella madre) si smuovono ricordi del Pleistocene anteriore, la bambina – unica in tutta la torma di niuentris dell’asilo a non farsi accompagnare tenuta per mano dai genitori – si precipita verso l’ingresso.
I genitori si guardano negli occhi, ed iniziano a chiamare la figlia, prima sobriamente e subito dopo a gran voce, intimandole un concetto paragonabile a “cristosanto, hai tre anni e mezzo, vuoi comportarti da bambina ed aspettarci, prima di entrare come se tu questo posto lo conoscessi da una vita?”.
A malincuore, la bambina li attende. Il gruppo di genitori e bambini viene accolto dalle maestre (o educatrici? qualcuno, a mezza voce, le chiama ancora “le signorine”) che li conducono a fare il giro turistico di armadietti, bagni, zone comuni.
Si entra nella classe, piena di giochi, disegni, pennarelli. In generale, i bimbi si disinteressano immediatamente dei genitori, iniziano a fare conoscenza reciproca e si tuffano in mezzo a bambole, piste di automobiline e costruzioni varie. La figlia sunnominata si distingue per altezza e sovrano distacco dalle incombenze familiari. Il padre, che è passato dallo stato di agitazione a quello di commozione quasi incontrollabile, individua subito il gruppo delle samanthe, delle sharon(s), delle debore(h): bimbe carine, che faranno del mercimonio del proprio corpo la loro fonte di sostentamento nell’arco di non più di undici o dodici anni. Naturalmente, è il primo gruppo con il quale la figlia entra in contatto. Gocce di sudore imperlano la fronte del padre, agli occhi del quale la bambina appare improvvisamente come un’adulta fatta e finita.
I bimbi giocano tranquilli. Uno si spalma sulla lingua un cubetto di Pongo verde. Il padre e la madre sanno che uno di questi giorni la figlia tornerà a casa lamentando dolori addominali, e la causa sarà un’ostruzione a base di Pongo. O Das, magari. Il padre si consola notando l’assenza del Vernidas, che avrebbe rappresentato la ciliegina sulla torta dell’occlusione intestinale della bambina.
Suona nuovamente la campanella.
Il primo giorno di scuola è finito.
La famigliola esce dalla scuola. I genitori chiedono alla bambina se è contenta, se vuole ritornare l’indomani. La bimba risponde “sì, certo”, sottintendendo “cazzo, sono sei mesi che me la menano con questa storia della scuola materna, e adesso non ci dovrei tornare?”.
Sipario.