Toccare con mano
Leggo, nei commenti a questo post di Shangri-La che parla del modo in cui alcuni (quorum ego, direi) hanno commentato le emozioni seguite alla morte del Papa, queste due frasi: che senso ha parlare in questi termini di un’esperienza che va vissuta per essere compresa? (Boscimane) – si parli dopo aver esperito, da vicino o da distante (Shangri).
Quasi in contemporanea, nei commenti ad un post dove il titolare, qui, mostrava segni di alterazione nei confronti delle curve ultrà degli stadi nostrani, Dado prima scrive per capire almeno un po’ ci vuole partecipazione, e poi ribadisce no il calcio non è di tutti, troppo comodo… il calcio è di chi lo vive, chi lo sente e chi ne prende parte attivamente.
Non so. A pelle, anch’io direi che è bene conoscere prima di esprimere un’opinione, a maggior ragione in un’epoca nella quale tutti parliamo di tutto, sempre e comunque. Ma mi pare che qui si voglia fare (e far fare) un altro passo: si sa solo ciò che si è vissuto. Si conosce solo ciò che si è toccato con mano. Ripeto, non so. Ma questo mi pare, come dire, un po’ troppo.