Pasto completo
Ma voi – parlo di voi cittadini, gente che, come me, è nata e cresciuta e continua a vivere nella metropoli – quando avete visto da vicino per l’ultima volta un operaio [1]?
Perchè nei nostri templi del terziario più o meno avanzato, cattedrali dedicate alle scarpe in anguilla e ai blackberry, incontrarne uno è tanto probabile quanto avvistare una foca monaca. E la cosa è vera non solo se si cammina per le vie del centro, ma anche spostandosi in periferia, e persino nel primissimo hinterland. Così, quando uno si trova ad andare a mangiare in un self-service di una zona industriale, si rende conto con una specie di smarrimento sociologico della ostinata (r)esistenza delle tute blu. Li riconosci subito, guardando le mani – grosse, robuste, screpolate, di un colore generalmente abbastanza lontano dal bianco-neon o dal marrone-lampada che contraddistingue i nine-to-six cittadini – oppure i pantaloni – larghi, impolverati, macchiati – oppure i capelli – attorcigliati, spinosi, schiacciati su un lato e sparati verso l’alto dall’altro.
Ma, soprattutto, li riconosci dai vassoi. Primo, secondo, contorno, frutta e vino. Ci sono tavoli straripanti, tagliatelle e cotolette e patate, mangiati prima nel silenzio di chi sta facendo la cosa più semplice e necessaria del mondo – nutrirsi per sopravvivere – e poi nell’allegria di chi sta facendo la cosa più semplice e necessaria del mondo – divertirsi in compagnia. A noi degli uffici ci guardano come a degli alieni – le insalate scondite, i primi “mezzo piatto, per piacere, non di più”, le acque minerali. E’ un piacere stare ad osservarli, con la giusta discrezione, per rendersi conto che, graziaddio, c’è un mondo di carne e ossa che non è nè migliore nè peggiore rispetto a quello che frequentiamo noi – noi cittadini, appunto – ma non fa schifo, un mondo il cui sudore puzza tanto quanto i nostri deodoranti anallergici.
[1] Ogni tanto, tornando a casa dei miei, entro nella mia vecchia camera. Su un muro è attaccata la copertina di un numero di Time degli anni Ottanta, quella famosa che gridava “Milano!”. Erano bei tempi? Non so.